Fabritia D’Intino al Petrella di Longiano con il suo “Cancan”

Prova aperta al teatro Petrella di Longiano; oggi alle 18 va in scena “Cancan” coreografia di nuova danza di Fabritia D’Intino (1986), per “Vorrei fare con te quello che la primavera fa con i ciliegi”. Niente a che vedere con il “Can Can” francese della Belle époque, fra sottogonne, ruches e gambe all’insù. Ma traendo spunto dal ballo originale, la coreografa danzatrice di Foligno scompone e ricompone per approfondire una ricerca personale, che si allarga alle ragioni del ballo sia rivoluzionarie, sia femminili. D’Intino, formazione all’Accademia nazionale di danza, poi in Olanda e in Europa per il contemporaneo, vive a Roma dove ha sede la compagnia Chiasma che produce questo lavoro e con cui collabora da anni. Con Fabritia, la cui “t” è un vezzo della nonna latinista, danza il performer Cesare Benedetti, su musiche originali di Federico Scettri. Risale al 2021 la prima idea della coreografia, poco alla volta si è concretizzata attraverso ricerca e sperimentazione, con il sostegno produttivo alla nuova danza di reti culturali e residenze artistiche: «Ad oggi – dice Fabritia – il lavoro deve consolidarsi, la versione finale, attesa nel 2024, sarà per tre corpi, ma già presento qualcosa di vicino al risultato finale». I tempi lunghi sono peculiari dei lavori della coreografa: «La mia tendenza è dilatare i processi creativi, come se io stessa crescessi dentro al processo. Ma la “lentezza” dipende pure dal sistema teatrale italiano che, specie per coreografe/i “emergenti”, procede produttivamente a singhiozzo».

«Approcciandomi allo studio teorico del Can can – continua Fabritia – ho scoperto un’origine diversa da quella conosciuta, in quanto nata come moto di rivolta. Sul finire dell’800 le donne erano impedite nel danzare da pesanti gonne, obbligate a ballare in coppia con un uomo. Così alcune cominciano a incontrarsi per esprimersi in modo più completo, sollevando le sottane per muovere le gambe, facendo salti e spaccate in ribellione al codice in voga. Quel moto interiore è stato però incorporato in un macro sistema, tendenzialmente patriarcale, che ha addomesticato e reso pop quella danza, al servizio di uno sguardo maschile, per intrattenere in maniera leggera ed erotica».

«Il mio è un Can Can spostato, depotenziato, decostruito, è un pretesto per parlare del fallimento di un modo per emanciparsi, di quanto rimane di un corpo utilizzato solo per il piacere fisico altrui. La mia creazione si avvicina a un’idea di virtuosismo, di canoni e corpi prestanti e omologati. Allo stesso tempo però informa il corpo di una concezione contemporanea di erotismo e danza d’insieme, con decostruzioni che derivano dalla mia formazione di danzatrice contemporanea, creando un linguaggio mutevole che sfugge all’idea di canone».

Giovedì 8 Fabritia è corsa a Torino per presentare il suo primo lavoro “Wannabe” esordio collaborativo con Federico Scettri: «Wannabe è nato a Ravenna, selezionato per la vetrina italiana di giovane danza d’autore; in agosto presento “Cancan” a Cagliari che è una vetrina di danza italiana ma per l’estero con molti addetti ai lavori stranieri, apertura che a me e a noi di Chiasma, emoziona tanto». Euro 5.

Info: 0547 666008

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