Ex portavoce di Sanpa: "Netflix ha trattato bene Muccioli"

«Non ho molto da dire. Se hanno fatto questa querela hanno avuto le loro ragioni. Se poi c’è una diffamazione devono provarla». Così Fabio Cantelli Anibaldi, per anni responsabile della comunicazione di San Patrignano, non vuole commentare la notizia della denuncia presentata ai carabinieri di Santarcangelo per conto di Andrea e Giacomo Muccioli figli di Vincenzo, contro Netflix per il docufilm su Sanpa.

«Netflix, a mio avviso, ha fatto, un lavoro ottimo, in maniera molto rigorosa. Per questo devo fare i complimenti ad autori, montatori, regista, per la seria e puntuale ricerca d’archivio che hanno fatto. Così come è stata coraggiosa la scelta di non utilizzare voci narranti, cosa che permette ai telespettatori di farsi una propria idea. E anche di cambiarla. Leggo, mi è stato riportato, che in tanti hanno cambiato l’idea su San Patrignano: chi aveva dei dubbi li ha cancellati, chi era un sostenitore a spada tratta adesso ha dei ripensamenti. Questo è l’esempio, sempre a mio avviso, della bontà del lavoro svolto».

Lei che contributo ha dato?

«Si sono mossi seguendo il consiglio che mi sono permesso di dare loro nella prima delle due interviste che abbiamo fatto a Rimini. Ovvero: San Patrignano era un tema da trattare con molto riguardo perché era un tema estremamente complesso che non bisognava trattare né con pregiudizi negativi né con pregiudizi positivi. E per me questo loro lo hanno fatto bene. Così come, a mio avviso, hanno trattato molto bene anche la figura di Vincenzo».

Cosa ha rappresentato Muccioli per lei?

«È stata una figura estremamente importante. Tanto importante che dopo aver letto che i resti di Vincenzo dal piccolo cimitero accanto a Sanpa, che conosco molto bene perché vi sono sepolti almeno una ventina di conoscenti tra cui tre amici tutti quanti uccisi dall’Aids quando ero lì, era stata trasferita al cimitero di Rimini, finalmente sono andato sulla sua la tomba. Vincenzo era un uomo complesso di enormi capacità che diventavano anche enormi difetti quando si faceva prendere da alcuni aspetti del proprio carattere».

Pensava potesse sollevare tante polemiche il docufilm, del resto racconta quanto raccontato nel suo libro molti anni prima.

«Io lo scrissi nel ’95 durante gli ultimi mesi della mia permanenza in comunità e, come scrivo nella prefazione, prima dell’uscita il libro fu bloccato. Quando uscì, seppur pochi mesi dopo, di San Patrignano si parlava molto meno. Io credo di aver raccontato in quel libro, a costo di apparire presuntuoso, la verità. Quella verità che viene dall’amore per gli altri, che non sopporto vengano ridotti a caricatura nel bene e nel male».

Quando ha capito che San Patrignano non era più il suo posto?

«L’ho capito quando ero costretto ad affrontare a mani nude orde di giornalisti che chiedevano quotidianamente spiegazioni e noi comunque eravamo disorientati perché un omicidio, due suicidi non erano cose da poco. Con l’assoluzione al primo processo, tirando un sospiro di sollievo, pensavo fosse giusto riflettere sui nostri errori. Così non fu».

Ma la goccia ha fatto traboccare il vaso «quando Vincenzo si è ammalato e la famiglia ha sottratto alla nostra vista quell’uomo che stava con noi 24 ore su 24, senza dirci nulla, senza darci una risposta. Che stesse così male io l’ho imparato dopo mesi, leggendo un articolo sul Corriere della Sera nell’agosto del ’95 a firma di Enzo Biagi. Quel giorno mi chiesi: “Ma cosa siamo diventati”».

Fabio Cantelli lasciò definitamente San Patrignano due giorni prima la morte di Vincenzo Muccioli.

Andrea e Giacomo Muccioli non hanno voluto commentare la decisione di querelare Netflix. Il loro pensiero lo affidano all’avvocato Alessandro Catrani. «I figli del Fondatore di Sanpa - scrive lo studio legale - lamentano, innanzitutto, come, all’interno della docu-serie, Vincenzo Muccioli venga indicato come misogino e omosessuale. La causa della sua morte, inoltre, viene attribuita all’Aids. Ovvero ad un’infezione da Hiv, contratta a causa del suo stile di vita e dei suoi comportamenti privati. I familiari rilevano che nessuna di tali affermazioni, indiscrezioni, pettegolezzi, presentati a milioni di persone, è vera. Quindi ne lamentano la assoluta falsità». Andrea e Giacomo Muccioli, prosegue lo studio Catrani, «lamentano come si diffami, al di là di ogni legittima opinione sulla vita e l’operato di Vincenzo Muccioli, l’immagine e la memoria di una persona scomparsa, un grande padre ed un uomo che ha dedicato la sua esistenza al bene, violando altresì i più elementari principi di privacy». Tutto ciò, sottolinea l’avvocato Catrani, «ha investito gravemente la vita dei figli Andrea e Giacomo». Questo perché «dalla messa in onda della fiction la loro vita privata e quella dei loro familiari (figli, mogli, ecc.) è stata travolta da continue domande, richieste da parte di amici, conoscenti, persone comuni, sulla veridicità di quanto affermato e rappresentato nella docu-serie. Si sono trovati colpiti e feriti in quanto c’è di più prezioso: memoria, reputazione e onorabilità di un padre scomparso. La legge, però, consente di porre rimedio a questa situazione. Consente di proteggere i privati cittadini dagli effetti, devastanti sulle loro vite, causati da una docu-serie realizzata da un gigante della comunicazione. Dal punto di vista giuridico e dal nostro punto di vista professionale, in questo caso anche umano, la querela che abbiamo presentato per conto dei fratelli Muccioli è nostro avviso ineccepibile. Diffamazione e violazione delle leggi sulla privacy, sono per i famigliari di tutta evidenza».

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