Etna, vulcano “gentile” con l’uva I suoi segreti nei vini di Sofia
Il segreto di questo vino sta in una donna molto particolare. I catanesi la chiamano con affetto e ammirazione “Idda” – ossia “Lei” – ma nel resto del mondo tutti la conoscono con un altro nome: Etna. È sì, perché il vulcano attivo più alto della placca euroasiatica, il gigante “cattivo” che anche nei giorni scorsi ha fatto sentire il suo ruggito, secondo la tradizione siciliana è donna. «Dovete capire che per un catanese l’Etna ha un’attrazione fortissima e chi nasce qui solitamente o va per mare o sale in campagna». A parlare è Sofia Ponzini, titolare dell’azienda vinicola “Tenute Bosco” e intima custode di un luogo unico in Italia, suggestivo e spaventoso. Tanto che, non a caso, nel dialetto locale la forma verbale del futuro è stata come strappata via dal vocabolario, cancellata dal tempo a vantaggio di un indicativo presente che, in qualche modo, sottende la filosofia di una popolazione che si approccia alla vita hic et nunc.
«Non c’è dubbio – mi dice Sofia –, siamo molto fatalisti, perché non bisogna mai dimenticarsi che viviamo sulle pendici di un vulcano attivo. Quando piovono ceneri e lapilli fa paura. Mentre quando erutta i boati si odono fino al mare. Ma il fascino è talmente forte, che sarebbe impensabile andare a vivere da un’altra parte». È il richiamo della terra, la forza delle origini che legano il profondo dell’individuo alle sfumature di quei luoghi dell’infanzia dove tutto è iniziato. «Da piccola – ricorda questa straordinaria vignaiola – ero arrabbiata ogni volta che, girando il mondo, sentivo le persone parlare della mia terra utilizzando i soliti stereotipi noti a tutti. Da lì è nato in me il sentimento di voler fare qualcosa».
Il vino
Nonostante gli studi in comunicazione internazionale, nel petto di Sofia Ponzini da sempre batteva la passione per il vino e vigneti. «Quando eravamo giovani, pur non avendo vigne in famiglia, il periodo della vendemmia era un momento di festa, nel quale tutti si davano una mano l’uno con l’altro». L’immagine plastica e semplice di quanto il frutto di Bacco sia prima di tutto condivisione di momenti, condivisione di sapori.Il passo successivo, per la titolare, insieme alla sorella Alice, di Tenute Bosco è quindi l’inizio di un progetto di imbottigliamento. «La prima bottiglia di rosso – spiega – è uscita nel 2012. Lì è cominciato tutto. Dieci anni fa esatti, con un’idea di vino profondamente legato al territorio e racchiuso dentro un involucro semplice: un’etichetta bianca su cui è disegnato un piccolo trapezio nero, simbolo dell’Etna, da cui fuoriescono delle labbra» simbolo femminile per eccellenza e simbolo di una terra – quella che circonda questo imponente vulcano attivo – dove la manodopera locale donna è fortemente presente e strutturata.