Ennio Ferretti ricorda il digiunatore cesenaticense Succi

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Personaggio il cui nome è stato recentemente riportato in luce da varie pubblicazioni, vissuto in un’epoca di mirabilie circensi e magie alla Houdini, Giovanni Succi “il digiunatore di Cesenatico” (1850-1918) fu un autentico fenomeno della “Belle epoque” a livello internazionale, al punto da colpire l’immaginazione di scrittori come Kafka e Salgari.

A riportare in auge la memoria di Succi, propugnatore anche politico dell’idea del digiuno come «strada verso la liberazione», è stato da Cesenatico lo studioso e docente Ennio Ferretti, appassionato di enigmistica e storia locale, che ha ricostruito minuziosamente in un saggio poi affidato del 2015 alle pagine di “Confini”, quadrimestrale di arte, letteratura, storia e cultura della Romagna antica e contemporanea, il quadro delle vicende che resero celebre la sua figura, quanto discussa.

«Succi era un tale – ha scritto Ferretti – che per mangiare… digiunava! Proprio così. Si guadagnava infatti da vivere esibendosi come un fenomeno da baraccone digiunando per giorni e giorni; durante questi digiuni gli era concesso solo bere acqua a volontà e qualche goccia di un misterioso elisir, la cui ricetta si favoleggiava gli fosse stata fornita da uno stregone africano (aveva soggiornato a lungo a Zanzibar e in Madagascar ndr). La gente pagava per andarlo a vedere e faceva scommesse sulla durata delle sue performance». E incontrò tutti i personaggi più famosi del tempo.

Nel febbraio 1888 Succi fu presentato a Luigi Luciani, uno dei più importanti fisiologi dell’epoca, e insieme concordarono di ripetere a Firenze l’esperimento, che aveva precedentemente superato a Milano e a Parigi, di 30 giorni continui di digiuno. Pose però la condizione che la prova fosse seguita, sia da una commissione scientifica che avrebbe dovuto assumersi l’onere dello studio dei fenomeni del digiuno, sia da un comitato di sorveglianza per garantire la serietà e il rigore dell’esperimento, che durò l’intero mese di marzo. Alla fine egli aveva perduto sì 15 chili di peso, ma dai controlli medici era emerso che non aveva accusato disturbi fisici o psichici, anzi aveva addirittura incrementato la sua forza muscolare.

Succi era ormai una celebrità. Si esibì nelle maggiori città d’Europa fino a giungere a New York, dove riuscì a battere il record mondiale con un digiuno di 45 giorni. Il New York Times del 21 dicembre 1890 riportò così la notizia: «Giovanni Succi, un signore italiano che ha raggiunto una certa fama come digiunatore professionista, ha iniziato l’altra sera quello che dichiara sarà un digiuno di 45 giorni. Chi desidera vedere come egli digiuna può trovarlo nella piccola hall del Koster&Bial’s (un teatro leggero nella 23. strada West), a ogni ora del giorno e della notte. Una parte della hall è stata delimitata da una ringhiera e al di là di questa sezione ci sono un letto, una poltrona, una tavola e delle sedie a uso del signor Succi».

Ferretti, da dove è nato l’interesse per questo singolare personaggio?

«A Cesenatico esistono 4 vie indicate solo con il cognome: Baldini, Fiorentini, Semprini e Succi. Parlandone con amici appassionati di storia locale, è stato facile per i primi tre attribuire i nomi a famiglie altolocate. Rimaneva il mistero Succi. A conforto dell’attribuzione di questa via al digiunatore stavano almeno un paio di elementi: nell’Ottocento la sua famiglia Succi era benestante (proprietari di una impresa di trasporto marittimo, caduta poi in disgrazia per una tempesta che aveva affondato il loro maggior brigantino e fatto perire sia il proprietario che l’intero equipaggio), ma soprattutto esiste l’attribuzione della via a Succi “benefattore cittadino e famoso digiunatore”, in un appunto di un censimento dell'Ufficio tecnico del Comune di Cesenatico del 1961».

Quanto c’era di vero e quanto di fantasia nelle sue imprese e perché veniva considerato un benefattore, anche con riferimento alle sue idee socialiste?

«A quell'epoca non esisteva televisione, non esisteva il cinematografo e quindi era logico che la gente si interessasse a fenomeni cosiddetti da baraccone. Anche se le prestazioni di Succi furono studiate con interesse anche da illustri medici. La definizione “benefattore” è di dubbia interpretazione: potrebbe essere una cattiva interpretazione del vocabolo da parte dell’ignoto scrivano che aggiunse a matita l’indicazione “benefattore”. Forse voleva solo dire che si trattava di una brava persona?».

In che maniera Succi ispirò anche Kafka e Salgari?

«Nel 1922 fu data alle stampe una novella di Kafka, “Un artista della fame”, che narra di un digiunatore di professione che si lascia morire nella gabbia in cui era stato rinchiuso per la sua esibizione. Vari critici e saggisti sostengono che solo Succi poteva essere l’ispiratore di questo personaggio. Assistette alla sua performance all’Expò di Torino del 1898 anche Emilio Salgari, che nel romanzo “La montagna di luce” (1902) lo cita in un paragrafo dedicato ai fachiri indiani».

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