Emporio arte: il castello di Gradara

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Costruito attorno alla metà del XII secolo, il Castello di Gradara viene affidato dal papa a “Mastin Vecchio” di Verucchio, capostipite della dinastia dei Malatesta. Costoro lo dotano di una doppia cinta muraria, poi nel 1445 Galeazzo decide di venderlo a Francesco Sforza alleato di Federico da Montefeltro, ma Sigismondo Pandolfo rinnega la parola data ed è subito assedio lungo e inefficace. Nel 1463, con la scomunica del Signore di Rimini, il duca d’Urbino lo conquista per papa Pio II. Torna così in mano agli Sforza di Pesaro, poi ai Della Rovere, ai Borgia e ai Medici fino al 1641 quando passa sotto il diretto controllo dello Stato Pontificio e inizia la decadenza dell’edificio e delle strutture ad esso connesse.

Giuseppe Vaccaj (Pesaro 1836-1912), buon pittore con una vita piena di impegni pubblici tra i quali essere sindaco di Pesaro dal 1878 al 1885, poi deputato e infine senatore del Regno d’Italia, lo ritrae nello stato di abbandono in cui versa per illustrare il volume di Charles Yriarte “Rimini. Un condottiere au XV° siecle. Études sur les lettres et les arts a la cour des Malatesta”, pubblicato da Jules Rothshild di Parigi nel 1882.

Nel 1920 l’ingegnere bellunese Umberto Zanvettori acquista i ruderi del castello, lo restaura e otto anni dopo lo vende allo Stato italiano. Nella nuova veste, ampiamente rimaneggiato, il castello riprende vita diventando la romantica meta turistica ispirata al tragico amore tra Paolo e Francesca che la controversa leggenda vuole si concluda tra le sue mura.

Molti artisti ne hanno immortalato l’immagine nelle loro opere. Bruno Marsili (Osimo 1888 – Ancona 1962), in arte “Bruno da Osimo”, uno dei più talentuosi incisori italiani, amico di Francesco Nonni, nel 1924 pubblica su “Xilografia”, la rivista fondata dall’artista faentino, la splendida tavola che ritrae in primo piano una coppia di ulivi antichi tra i campi coltivati dietro i quali emergono le mura merlate de “La nobile Rocca di Gradara”. Sono gli stessi ulivi antistanti il paese fortificato che si distende sull’orizzonte nel quadro del celebre pittore Michele Cascella (Ortona 1892 – Milano 1989) eseguito nel 1933 con la tecnica semplice e piacevole, quasi infantile che caratterizza molta della sua produzione.

Giordano Severi (Cesena 1891 – Recife 1957), punto di riferimento per le rocche e i castelli di Romagna, nel 1930 esce dai confini per ritrarne la mole maestosa. La carriera di Severi, paesaggista e ottimo ritrattista, dal 1951 si sviluppa a Recife in Brasile dove ottiene anche l’insegnamento alla Scuola di belle arti dell’Università Federale. La stessa inquadratura di Severi è scelta da Gino Frattini (Terrazzo 1891 – Genova 1965), illustratore ben conosciuto sulla riviera romagnola e nel suo entroterra per la cospicua produzione di colorate cartoline e opuscoli pubblicitari di promozione turistica nel primo dopoguerra.

A loro si aggiunge il poliedrico Giovanni (Giannetto) Malmerendi (Faenza, 1893 – Cesena, 1968) artista di grande personalità e talento, capace di esprimersi con diversi mezzi, dalla pittura alla ceramica, alle arti applicate e all’incisione. Dal 1923, per oltre trent’anni realizza copertine per “La Pié”, la rivista di cultura romagnola diretta da Aldo Spallicci. Per il fascicolo di settembre-ottobre del 1951, in occasione del trebbo poetico interregionale Romagna-Marche, Malmerendi incide la bella xilografia a due legni del Castello Malatestiano di Gradara in tutta la sua estensione.

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