Elezioni, il ritorno della competenza

Cosa ci dice il voto di domenica? Tante cose. Innanzi tutto spiega quanto è forte la leadership di Matteo Salvini. Ma come molti hanno detto: oggi i consensi si possono prendere e perdere rapidamente. Chiedete a Renzi e a Di Maio. E c’è un altro dato interessante. Il successo alle Europee registrato in Romagna dal Capitano del Carroccio non si è tradotto in una vittoria nelle comunali. Cosa significa?

Significa che la Lega, almeno da queste parti, non si è ancora data una struttura capace di essere credibile come squadra di governo a livello locale. Non ancora. Ovviamente la stessa cosa non si può dire nelle regioni del nord. Ma si può dire dei Cinque Stelle che alle Europee in certi casi hanno preso il doppio dei voti dati ai loro candidati sindaco.
Lega e Cinque Stelle (con tempi diversi) rischiano di commettere lo stesso errore di Matteo Renzi. Oggi per un partito politico è importante avere una leadership nazionale forte. Ma questa leadership non va lontano se non viene accompagnata da una crescita di partecipazione anche a livello locale. Il Capitano solo al comando può durare soltanto se avrà tanti capitani sul territorio capaci di ragionare con la propria testa, capaci di aggregare forze a livello locale e di produrre proposte. Sono questi capitani a rendere vivo il contatto con la gente e a trasmettere al leader nazionale il vaccino contro le vertigini da potere. La semplice carta della società civile, da usare quando si è a corto di uomini, non basta più. Deve essere accompagnata dalla competenza che, grazie ai tanti errori commessi dai Cinque Stelle in quest’ultimo anno, torna a essere qualcosa di importante.
Gli esempi di comuni come Santarcangelo o Lugo, dove hanno vinto al primo turno i sindaci uscenti Alice Parma e Davide Ranalli, dimostrano questa cosa. A Cervia, dopo 15 anni, si assiste al ritorno come sindaco di Massimo Medri (è la quinta volta). Era fra gli amministratori che 30 anni fa andarono a Roma per l’emergenza mucillagine. Ma anche il percorso di Cesena e Forlì (città al ballottaggio) sembra confermare questa tesi. A Forlì parte in vantaggio il centro destra con Gian Luca Zattini (45,8%), persona che ha già esperienze amministrative mentre rincorre il candidato del Pd Giorgio Calderoni fermo al 37,2% (ex giudice preso dalla cosiddetta società civile). A Cesena invece parte in testa il candidato tutto pd Enzo Lattuca (42,8%) che se la vede con l’imprenditore Andrea Rossi (33,8%). Attenzione, le due sfide sono aperte e una sorpresa potrebbe essere il venir meno della pregiudiziale anti Pd di alcuni elettori 5 Stelle.


Il Pd deve comunque porsi un po’ di domande. Come mai, mano a mano che ci si allontana da Bologna, i consensi calano? Piacenza, Rimini e Ferrara sono le province dove va peggio. Come mai non ha candidato alcun romagnolo nelle liste per le Europee? Eppure la Romagna ha una popolazione sufficiente per giustificare un nome nella lista dei 15, tanto è vero che in passato è riuscita anche a eleggere europarlamentari. A fine anno, o agli inizi del 2020 si vota per la Regione. Se il governatore Stefano Bonaccini vuole la riconferma in Romagna (come a Piacenza) dovrà fare molto di più. Sanità, mobilità, lavoro, turismo, industria, sicurezza… i temi su cui i cittadini aspettano risposte sono tanti. Dovrà dimostrare che la Romagna non è Cenerentola nel rapporto con Bologna. La Lega su questo tema non farà certo sconti. Ma la Lega, dal canto suo, dovrà trovare un candidato credibile e spendibile con almeno un po’ di squadra attorno. I Cinque Stelle? Per loro sarà fondamentale tornare con i piedi per terra, liberandosi da un’ideologia, spesso qualunquista e sempliciotta, che può andar bene solo quando si sta all’opposizione. Per il bene loro e per il bene del Paese.

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