Elena Bucci porta a Russi Panagulis e Fallaci

«La politica è un dovere, la poesia un bisogno. È un urlo che non si può soffocare, l’ansia di un istante che non si può dimenticare. Allora cerchi carta e matita per fermarlo»: per Alekos Panagulis, la lingua che prende forma nella poesia era anche la spada con cui ribellarsi al tiranno, così come lo era contro l’ipocrisia di sterili convenzioni per la donna cui egli si legò fino alla morte, Oriana Fallaci. È la storia di questi due irriducibili, il poeta rivoluzionario e la scomoda scrittrice giornalista, entrambi ostili sempre al potere e alla tirannia, che Elena Bucci ripercorre con lo spettacolo Nella lingua e nella spada in scena questa sera al teatro Comunale (purtroppo la replica prevista per domani non potrà tenersi), dove al termine la protagonista risponderà alle domande del pubblico.

Uno spettacolo, con le musiche di Luigi Ceccarelli, debuttato qualche anno fa, era il 2019, e che ora si inserisce per l’attrice e regista in un calendario di impegni veramente fittissimo.

«Quest’ultimo anno di ripresa dell’attività teatrale – ci racconta Elena Bucci – è stato per me molto bello: ho potuto riprendere tanti spettacoli, tanti personaggi, come Juana de la Cruz e Bimba dedicato a Laura Betti, e ritrovare l’entusiasmo del pubblico... penso per esempio al successo di questo lavoro poche settimane fa a Torino».

Non c’è spettacolo che nasca per caso: che cosa l’ ha portata a questo?

«L’occasione è stata il tema mediterraneo di Ravenna festival 2019: quando il direttore artistico Franco Masotti mi ha parlato di Grecia, si è aperto per me uno squarcio di memoria, mi sono rivista ragazza, alla fine del liceo, in vacanza con la vicina di banco, in quel paese, con me Un uomo, il libro di Fallaci. Che, in quegli anni in cui l’impegno politico andava spegnendosi e l’oblio si faceva strada a grandi passi, portava in luce una storia recente che avevo forse orecchiato ma che non conoscevo. Una storia che si era svolta lì, in quei luoghi, e che mi colpì moltissimo: raccontava dell’incontro e dell’amore di due spiriti liberi che ancora nutrivano la fiducia di poter cambiare la storia e il mondo. Ed è proprio quella fiducia che oggi rimpiangiamo e che vorremmo ritrovare».

E in che modo questa storia può aiutarci a ritrovare fiducia?

«Penso all’entusiasmo dei giovani che in questi giorni ho incontrato in un laboratorio per l’Università di Firenze: stanno cercando il coraggio di fare ciò che ogni generazione dovrebbe fare, appunto osare di cambiare il mondo. E credo che la storia di Panagulis e Fallaci possa riportare l’accento su quella sorta di energia e di “nostalgia creativa” che solo la poesia e l’atto della scrittura possono restituirci. Del resto, come diceva Pasolini, la poesia non è merce, non si consuma, puoi leggerla all’infinito scoprendo in essa ogni volta una potenza che non avevi visto. Allora, attraverso l’atto poetico possiamo elaborare un lutto, resistere alla tirannia, alla crudeltà... Panagulis inizia a scrivere poesie dopo il colpo di stato, la poesia gli dà la forza di resistere e di arrivare a un attentato, che non gli riesce, ma non offusca la sua idea di libertà. Ed è appena uscito dal carcere quando Fallaci lo raggiunge, ad Atene, per quell’intervista che passerà alla storia: le domande che lei gli fa sono le stesse che aprono lo spettacolo e che continuiamo a porci, pur sapendo che non troveremo risposte. Perché è sempre necessario cercare dove si nasconde la verità... sempre di più, ora che l’odore di guerra si avvicina».

Ancora una volta è a Russi, nel “suo” teatro: com’è salire su quel palcoscenico che tanti anni fa hai “resuscitato” dal più totale abbandono?

«Provo sempre un’immensa gratitudine per tutti coloro che hanno collaborato a salvarlo: sembrava impossibile eppure eccolo, il teatro c’è! E stupore anche, perché entrando non c’è nulla che racconti quella storia di rinascita: un semplice foglio dove anche i più giovani possano leggerla, e trarne fiducia e speranza».

Inizio spettacolo alle 20.45

Info: www.comune.russi.ra.it
www.ater.emr.it

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