Repubblica affondata sul lavoro

Due appuntamenti importanti si avvicinano, la Festa della liberazione il 25 aprile e la Festa dei lavoratori il primo maggio.
Da mesi il Corriere si occupa di un tema che sta a cuore ai romagnoli, soprattutto in Riviera: non si trovano cuochi, camerieri, baristi, bagnini. Gli albergatori sono preoccupati per la carenza di manodopera nella stagione del risveglio, dopo il letargo dovuto al Covid. E a questo punto si apre il dibattito: il Reddito di cittadinanza spinge chi lo percepisce a non lavorare, i giovani non hanno voglia di faticare, non ci sono più i volenterosi di una volta. Nello stesso tempo si moltiplicano le operazioni anti lavoro nero: dipendenti senza contributi oppure pagati per la metà delle ore che fanno, licenziati senza preavviso, sfruttati come schiavi. Si dirà che una pecora nera non può macchiare il gregge, ma un campanello d’allarme dovrebbe suonare. In tema ricordiamo gli articoli della Costituzione che tutti invocano e pochi applicano.
Articolo 1. “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro…”.
Articolo 4. “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.
Articolo 35. “La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni. Cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori. Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro. Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell’interesse generale, e tutela il lavoro italiano all’estero”. Un ripasso delle buone letture è sempre utile.

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