Pari: quando la giustizia educa alla vita

Editoriali

La sentenza della Corte di Cassazione 17183 agosto 2020, riporta ad una dimensione reale, corregge una distorsione, che per anni, ha sicuramente contribuito a diseducare una buona parte delle giovani generazioni. Si era partiti con l’obiettivo, giusto e sacrosanto, di tutelare i minori. Si era arrivati, come spesso accade nel nostro paese, all’eccesso opposto: la tutela estesa anche dopo la maggiore età non di rado, fino agli “anta”. Difficilmente concepibile, in ogni altra nazione. Qualcuno ha ribattezzato la sentenza, definendola “anti bamboccioni”. Mi dissocio nel modo più assoluto, ma è bene tentare di capire quali motivazioni hanno portato a tale risultato. Le famiglie italiane, mediamente, ripeto, mediamente, sono in assoluto tra le più patrimonializzate, ad esempio, al di sopra di quelle tedesche. Di converso, lo Stato ha elargito ciò che non aveva, ergo, siamo tra i più indebitati del mondo. Lascio alla fantasia del lettore l’analisi economica, politica e sociale di questa particolare situazione.
Ciò premesso, è evidente che tante famiglie hanno un reddito abbastanza tranquillo, qualche risparmio, immobili di proprietà (parliamo di over cinquanta/sessantenni). In questi contesti, non è raro il mantenimento dei figli, anche se non più minorenni, anche se più vicini alla mezza età che non all’adolescenza. Ciò accade anche in caso di separazione dei coniugi, per questo l’intervento della corte e la relativa sentenza. Quelli che oggi vengono definiti da alcuni, con immotivato livore: “bamboccioni”, sono solo il frutto dell’educazione e della cultura ricevuta. Sono adulti, alla perenne ricerca di un lavoro consono al titolo di studio, o peggio, alle aspettative. È evidente, che l’odierno mercato difficilmente può offrire un posto in linea con i parametri sopra esposti. Tutti desidererebbero un lavoro adeguato agli studi, adeguatamente remunerato, possibilmente non troppo faticoso, magari piacevole, comunque di soddisfazione, se possibile manageriale, seppure non estremamente impegnativo in termini di tempo! La ricerca di questo paradiso terrestre, non porta ovviamente a risultati apprezzabili. Nel mondo, ed in Italia in particolare, il lavoro è scarso, raramente piacevole, a volte faticoso, quasi sempre precario, con reddito conseguente. Per questo, le famiglie benestanti temporeggiano, i figli, rimangono tristemente in un limbo, sovvenzionati dai genitori, non di rado dalla pensione della nonna, o dalle eredità ricevute. La Corte di Cassazione, ha ristabilito dei parametri legali, di conseguenza, anche morali. In estrema sintesi: un maggiorenne, per evitare di essere mantenuto, deve adoperarsi per cercare un lavoro, anche se non consono alle aspettative e ai titoli di studio. Sostanzialmente, l’autonomia deve essere un auspicabile e dignitoso fulcro di vita, anzi un dovere. La Corte, peraltro presieduta da un magistrato donna, ha cassato, se mai esistito, il diritto al mantenimento a vita dei figli. Ovviamente, la ricerca della realizzazione rimane un obiettivo augurabile, ma non può essere pregiudizievole rispetto alla necessità di rendersi indipendenti. Nella fattispecie, il benessere è stata la causa dell’anomalia, ha fuorviato la realtà, disallineandola dall’oggettività. L’esatto contrario di ciò che era accaduto agli over cinquanta/sessanta di oggi, che in tanti casi, hanno iniziato il percorso nel mondo del lavoro in giovane età, alcuni dopo il diploma di maturità, tanti altri, quando ancora minorenni . Lascio ai cultori della materia l’analisi della sentenza, appare però evidente, che i concetti espressi dalla Corte, hanno un significativo valore sociale ed educativo.

*Giornalista, Docente e Referente di sede d’esami universitaria

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