La battaglia dei sindaci sulla sanità

Editoriali

La lettura della Costituzione aiuta a capire. L’articolo 32, ad esempio, sancisce un principio importante: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge che non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
Partiamo da qui per analizzare il problema del taglio dell’automedica a Meldola e la reazione dei quindici sindaci forlivesi che hanno opposto resistenza.
La mancanza dei medici è un dato di fatto, il direttore generale dell’Ausl non è l’unico a misurarsi con questa difficoltà.
C’è però un fattore da non sottovalutare: ognuno di noi si sente più sicuro vicino a un ospedale, a una postazione della Croce Rossa, a una caserma dei vigili del fuoco, rispetto a chi vive in una località sperduta.
Tutti però, e torniamo alla Costituzione, dovrebbero essere curati con gli stessi standard.
Se la vita umana arriva prima dei giochi di potere, delle voci di bilancio, della concorrenza tra pubblico e privato, allora bisogna organizzarsi di conseguenza esplorando nuove strade.
I sindaci forlivesi non sono visionari, ascoltano i loro concittadini-contribuenti com’è giusto che sia. Perché anche sulla garanzia di cure gratuite ci sarebbe molto da dire a vedere i tempi d’attesa per una visita specialistica nella sanità pubblica.
Come spesso accade anche il caso dell’automedica tagliata a Meldola è diventato un’occasione di scontro tra i partiti, con il centrodestra che cavalca il malcontento per attaccare la Regione Emilia Romagna guidata dal centrosinistra. Ma il segreto sta nel restare concentrati sui fatti.
Che non hanno colore.

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