Gli studenti che vivono nelle tende

Una tenda piantata da una studentessa davanti al Politecnico di Milano ha acceso i riflettori sul caro affitti. Chi governa le città coinvolte dovrebbe provare almeno un po’ di vergogna nel vedere il moltiplicarsi degli accampamenti nei campus, sotto i portici e davanti ai rettorati. Perché è facile organizzare conferenze stampa per vantarsi del nuovo corso di laurea che darà lustro alla propria amministrazione, più difficile trovare una sistemazione per chi si iscriverà. Diciamo la verità, da neodiplomati o da genitori siamo passati tutti nel girone infernale. Tipo uno scantinato umido in zona Policlinico Sant’Orsola-Malpighi a Bologna trasformato in un appartamento senza finestre con i posti letto (cari) affittati in nero.
O un monolocale in un quartiere periferico di Milano dove, per 27 metri quadrati, si pagano 800 euro al mese più le bollette e 10 euro per il posto in cortile riservato alla bicicletta. Gli studentati sono presi d’assalto e le liste d’attesa lunghissime, anche questa non è una novità. Ma senza quel rifugio di fortuna di Ilaria Lamera a Milano il problema non sarebbe mai diventato un caso politico da prima pagina, con le accuse del ministro dell’istruzione Valditara ai sindaci di sinistra che non avrebbero fatto nulla per assicurare un tetto agli studenti.
Per ora la protesta non riguarda la Romagna, ma si è limitata - si fa per dire - a Milano, Torino, Roma, Cagliari, Firenze, Perugia, Pavia, Padova, Venezia, Bari e Bologna. Probabile che la macchia si allarghi perché il malcostume di sfruttare la presenza degli studenti per affittare stamberghe al prezzo di loft è diffuso da nord a sud, con il tacito consenso degli amministratori che non possono non sapere. Poi spunta una tenda, suona la sveglia e l’Italia scopre che gli universitari esistono davvero. Non solo: mangiano, studiano e si ostinano a dormire. Sotto un cielo di stelle.

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