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Da Sorrentino a Kusturica, Scorsese e Burton: il club dei fellinofili

Sono ancora molti i registi del cinema contemporaneo che omaggiano o che si ispirano a Federico Fellini. Accanto a questi c’è un gruppo più ristretto di autori, fellinofili dichiarati. In Italia li guida Paolo Sorrentino – Premio Fellini a Rimini nel 2010 – che non solo ribadisce il suo debito di riconoscenza verso il maestro riminese (ringraziato alla consegna dell’Oscar), ma lo ha direttamente chiamato in causa in una sequenza (quella del casting a Napoli) di È stata la mano di Dio. In un’intervista concessa ad Antonio Monda, Sorrentino confessa: «Premesso che io non sono stato un mangiatore di cinema, ma ho individuato un ristretto numero di registi. Uno di questi è Federico Fellini, per così tante ragioni che risulta sempre disorientante elencarle. Forse una ragione che mi ipnotizza è la capacità di coniugare la libertà creativa con la sapienza tecnica, che in Fellini è molto marcata». E poi aggiunge: «Fellini, nel mio cinema ha sicuramente significato molto».

All’estero, del gruppo fanno parte autori come Tim Burton, che nel recente passaggio torinese per la grande mostra a lui dedicata dal Museo del Cinema ha dichiarato: «Adoravo gli horror di Mario Bava, è stato il primo regista italiano con cui mi sono identificato. Poi è arrivato Fellini». Anche Emir Kusturica ha confessato debiti felliniani, soprattutto agli inizi della sua carriera («Un altro film mi ha sconvolto: La strada di Fellini. Lì ho fatto il mio ingresso nel mondo magico del cinema»). Al regista di Sarajevo (che ribadirà a più riprese omaggi felliniani in chiave antinaturalistica: «Amo i film di Fellini perché non ci sono protagonisti che si appoggiano telefoni sulla spalla») venne assegnato, alla seconda edizione, il Premio Fellini nel 1994, all’interno di Riminicinema. Peter Greenaway, un po’ a sorpresa, nel corso di un convegno riminese nel 2003, confessava: «Curiosamente, suppongo, Fellini a me non dovrebbe piacere. Antonioni dovrebbe piacermi di più. Pasolini dovrei rispettarlo di più. E ho il sospetto che forse questo è vero. Ma preferisco guardare un film di Fellini e so perché: semplicemente per il puro piacere».

Dichiarazioni di aperta ammirazione sono arrivate in tempi recenti da tre grandi autori americani. Woody Allen – che a partire da Stardust Memories (1980) ha disseminato tracce felliniane nei suoi film – ha dichiarato nel maggio 2021 a Fabio Fazio: «Quando ho iniziato la mia carriera cinematografica non riuscivo ad apprezzare Fellini, ho sempre pensato “Sì, va bene, è bravo”, ma preferivo Bergman o Truffaut. Con il passare degli anni mi sono reso conto di quanto sorprendente fosse Fellini e che tipo di genio, davvero, lui fosse».

Nel documentario Sky Fantastic Mr. Fellini. Intervista a Wes Anderson di Francesco Zippel (2020) il regista di Asteroid City professa un’ammirazione profonda per il maestro riminese e una passione in particolare per Amarcord: «È un film misterioso perché è molto divertente e impressionista ed è diverso da tutti gli altri. È uno di quei film che funziona benissimo semplicemente perché è concepito alla perfezione, a un livello tale che Fellini può fare ciò che vuole».

Chi da sempre confessa la propria venerazione per Fellini è Martin Scorsese (insignito del Premio Fellini nel novembre 2005, consegnatogli da Pupi Avati in un cinema Fulgor gremitissimo) che nel marzo del 2021 ha pubblicato su Harper’s Bazar Magazine uno splendido saggio (recuperabile in rete) intitolato Il Maestro. Federico Fellini e la perduta magia del cinema. Nel testo Scorsese mescola considerazioni generali e ricordi personali (dai primi film visti in sala alla conoscenza diretta del maestro), con la ricostruzione della carriera di Fellini, ribadendo l’importanza della sua figura («Negli anni Sessanta, Fellini fu più di un regista. Come Chaplin, Picasso e i Beatles, era più grande della sua stessa arte»). Analizzando i suoi film, le preferenze di Scorsese vanno a I vitelloni e a 8½ per l’influenza avuta sul suo percorso cinematografico, ma riconosce il valore di molti degli altri, da Amarcord a Il Casanova, compreso La voce della luna, che tentò inutilmente di far distribuire negli States.

Scorsese conclude scrivendo: «Si possono dire tante cose sui film di Fellini, ma ecco una cosa che è fuori da ogni discussione: sono Cinema»

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