Caricato. Referendum, perchè voto no

Editoriali

No. Le istituzioni non si trattano con leggerezza. Si vuole ridurre il numero dei parlamentari? Va bene, ragioniamone. Ma non si fa con un referendum al buio i cui esiti sono tutti da scoprire e con rischi enormi, specie in una fase storica delicata come questa. In Italia, purtroppo, siamo pieni di apprendisti stregoni travestiti da riformatori.

Abbiamo già visto cosa è successo con le Province. Si decise di abolirle perché ritenute inutili. Ma il risultato di questa ingegneria istituzionale è stato un papocchio. Le Province esistono ancora ma sono rimaste senza soldi e senza una guida politica eletta direttamente dai cittadini. Così ci ritroviamo con le strade dell’entroterra che cadono a pezzi. In molti territori la viabilità era più efficiente 20 o 30 anni fa. Quando viene chiusa una strada non si sa mai quando sarà riaperta. E in certi casi l’unica speranza è legata al passaggio del Giro d’Italia perché così viene rifatto il manto stradale.
Personalmente ritengo poi molto pericoloso dire sì a un progetto di riduzione dei parlamentari quando alcune forze politiche spingono per arrivare al “vincolo di mandato”. Prima riduciamo il numero di deputati e senatori. Poi diciamo che durante la legislatura devono votare secondo le linee che arrivano dall’alto. Poi, qualcuno potrebbe sentirsi legittimato a dire: va bene, ma allora perché non aboliamo il Parlamento? Perché non facciamo votare tutti su una piattaforma online tipo Rousseau, argomento per argomento?
E non si parli di problemi di cambio di casacca, di coerenza politica, eccetera. Quale coerenza politica hanno dimostrato i capi dei tre principali partiti italiani (Cinque Stelle, Pd, Lega)? Prima hanno giurato di non fare mai alleanza col nemico e hanno chiesto i voti. Poi hanno fatto il contrario. Nessuno escluso. Sono loro le persone coerenti? Preferisco un deputato che usa la testa (sua) anche cambiando opinione (perché oggi le cose cambiano velocemente) a uno che si intruppa e abolisce il pensiero critico.
Vogliamo parlare dell’ultima legge elettorale? Si chiama Rosatellum perché il suo ideatore è Ettore Rosato, prima nel Pd poi in Italia Viva. La sua legge fu criticata dall’opposizione perché si diceva favorisse il Pd. Sbagliato! Grazie al Rosatellum il Pd (che si era fatto il “vestito su misura”) ha preso meno seggi rispetto alla proporzione dei suoi voti, ha preso più voti della Lega ma è riuscito ad avere meno deputati e meno senatori. Un capolavoro! E noi dovremmo fidarci di gente come questa?
Gente che inventa i collegi spacca provincia mettendo Cesena con Santarcangelo e Bellaria Igea Marina (che sono sotto Rimini) e Forlì con Faenza (che invece è provincia di Ravenna).
Possiamo sperare che questa classe politica sappia creare i giusti equilibri di rappresentanza? Con meno parlamentari è molto probabile che saranno i territori periferici come la Romagna a essere penalizzati a vantaggio dei territori delle grandi città. Insomma, se tagliamo il numero dei parlamentari il rischio di un ulteriore colpo (forse mortale) alla rappresentanza è altissimo. Non è forse evidente come oggi sia in atto un confronto economico fra paesi democratici e paesi autoritari? Noi da che parte siamo?
La demagogia e il populismo non ci portano lontano. E parlare di costi della politica da ridurre rischia di essere demagogia. Più che diminuire i rappresentanti del popolo (per usare un’espressione che a qualcuno piace molto), allora, meglio sarebbe ridurre un po’ gli alti stipendi dei parlamentari, gente che non rischia molto nell’esercizio delle sue funzioni. E magari aiutare i tanti sindaci dei nostri comuni, piccoli e grandi, chiamati a grandi sacrifici, responsabili di bilanci importanti, manager di aziende pubbliche come i Comuni, difficili da gestire, dove l’insidia di una denuncia è sempre dietro l’angolo, aziende da cui spesso dipende il benessere di tutti noi. Qualcosa del genere è stata fatta alla Regione Emilia-Romagna. Il Corriere Romagna, all’indomani della prima elezione di Bonaccini, chiese di tagliare gli stipendi dei consiglieri regionali. E il governatore andò in quella direzione. Più che tagliare gli eletti meglio sarebbe allora farla finita con le liste bloccate delle elezioni politiche dove sono i capi dei partiti a scegliere chi va in parlamento. La scelta deve essere degli elettori con le preferenze. E già che ci siamo, allora, sarebbe anche il caso di chiedere ai partiti politici di ripristinare la democrazia al loro interno. Un candidato sindaco non si decide dall’alto. Si fanno votare gli iscritti.
Insomma, è vero che ci sono molte cose da cambiare. Ma se facciamo le riforme a colpi di accetta, quell’accetta rischia di tagliare qualcosa di molto importante.

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