Arcangeli: eolico, Rimini barriera blu?

Un’ eventuale approvazione del progetto di un impianto eolico nel nostro mare rappresenterebbe una novità senz’altro negativa per la nostra città. Rimini, grazie ad una lungimirante politica guidata con tenacia dal sindaco Gnassi, ha visto rinascere il centro storico, la città è salita alla ribalta nazionale ed internazionale. Si è investito in un enorme programma di raccolta delle acque reflue, per impedirne il riversamento in mare, si sta portando avanti un intervento sul lungomare per rendere tutta la zona più vicina alle aspettative di un turismo attento all’ambiente.
Di contro un’iniziativa che risale a molti anni fa, approntata senza un preliminare dibattito cittadino, ha portato alla presentazione di un un impianto industriale eolico (59 pale alte più 200 metri) nel mare prospiciente la costa, che non solo deturperà la risorsa turistica principale della città, ma rischia di vanificare tutto quello che in questi anni si è fatto per rendere Rimini una meta fra le più attraenti del Paese.
Si è aspettata la fine di un periodo travagliato, per rispolverare un vecchio progetto, presentandolo come la soluzione obbligata per combattere l’emissione di Co2. Si cerca di diffondere l’opinione che questa sarebbe l’unica cosa giusta da fare, con l’idea sottesa che chi è contro il progetto sarebbe per la Co2. È di questi giorni però la raccomandazione del giovane Sinkervicius, commissario europeo per l’ambiente: “Covit 19 non sia la scusa per smettere di proteggere l’ambiente!”
Dunque con più di seimila chilometri di coste che circondano il Belpaese in un mare che appartiene alla zona fra le meno ventose (chissà se d’estate nelle giornate di calma dovremo aspettarci un orizzonte di pale ferme?) e fra le più frequentate da un turismo nazionale ed internazionale, ci siamo offerti per primi ad ospitare un impianto industriale eolico che, come dice bene lo stesso assessore regionale Corsini, tenderebbe a trasformare il mare adriatico in una “foresta” di pali e piattaforme. Di più egli aggiunge: “anche nel nord Europa queste pale pare siano superate”, infatti in Germania l’eolico è da tempo in stallo. È l’antico nostro vizio di vedere il nostro futuro nel passato degli altri! Un impianto da un miliardo e mezzo di euro, un discreto affare senza dubbio, ma quanta energia occorre solo per costruirlo e mantenerlo in funzione?
I favorevoli al progetto prospettano poi un ipotetico “turismo tecnologico”. C’è chi prevede invece che il tutto si tradurrà in un abbassamento dei prezzi già bassi degli alberghi ed il conseguente crollo dei valori immobiliari su tutta la costa. Chi sceglierà lo sfarfallio monotono delle nostre pale incombenti rispetto a spiagge incontaminate e mari cristallini della Croazia e della Grecia o di altre spiagge italiane? Lasciamo poi ai diportisti e ai pescatori il piacere di districarsi fra gli enormi pali durante le burrasche o la nebbia.
La verità è che ci stiamo comportando col mare, come ci siamo comportati sulla terra. Qualsiasi uomo di buon senso intende che questo impianto industriale vicino alla costa è solo un atto di “ARROGANZA TECNOLOGICA”, la cui fragilità si rivelerà col tempo. È lo stesso gigantismo dell’investimento a destare perplessità, in esso è operante, al di là delle intenzioni, un processo oggettivo di abolizione tout court della natura, con la conseguenza di trasformare l’ambiente e il paesaggio in un “non luogo”, sottraendo un bene di tutti per il profitto di pochi.
Ci crediamo padroni della terra e adesso del mare, ma non lo siamo. In quello specchio di mare davanti a noi, dove vivono pesci ed uccelli andiamo a piazzare i nostri apparati: eliche gigantesche, piloni giganteschi, vibrazioni e rumori, un’estesa rete di cavi sottomarini ad alta tensione, onde elettromagnetiche a bassa frequenza, fondali sconvolti per sempre, la cui unica colpa è quella di essere bassi per far risparmiare sulla posa dei pali stessi.
Affinché il nostro ecologismo non sia affetto da idealismo infantile, dobbiamo porci la domanda se questa folle rincorsa all’energia possa avere fine. Persino le terre della nostra provincia sono ormai coltivate a mais, non per alimentazione umana, ma per fornire biomassa a centrali termiche, o per fare biocarburanti per alimentare SUV da centinaia di cavalli.
Un’autentica coscienza ecologica dovrebbe invertire la rotta, ciò che occorre è una condotta orientata al risparmio ed all’efficientamento, un cambiamento di paradigma che impegni quotidianamente ognuno di noi e buoni esempi non mancano: basterebbe completare la conversione a led dell’illuminazione di tutta la costa per avere grandi risultati con poco sforzo.
Ma il danno d’immagine per la nostra città è purtroppo già in atto. Il caso è sui quotidiani nazionali che, cercando sempre il sensazionale, raffigurano una Rimini sullo sfondo di rendering inquietanti fatti di pale e tetre piattaforme: “La Stampa” del 22 giugno 2020.
Le città vivono anche dell’immaginario che sanno evocare, basta girare l’Italia per rendersi conto di quello associato a “RIMINI”. Per costruirlo ci vogliono secoli e grandi personaggi, nel nostro caso per restare al XX°: Fellini , De Andrè… Per incrinarlo basta seguire la strada di uno sterile utilitarismo che sa ben sfruttare un ingenuo ecologismo.
Una saggia politica invece dovrebbe da subito spegnere questo inutile diatriba.

*Fisico ambientalista

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