Affetti collaterali. Se in questo anno orribile

Editoriali

In questo anno orribile me ne sono capitate di ogni genere. Non per fare l’elenco delle sfighe, ma in famiglia abbiamo avuto contagiati, un parente è morto dopo un lungo ricovero, finanziariamente è un disastro perché con le restrizioni sono saltati mesi di stipendi, e alla fine di tutto questo lui mi ha lasciato. Eravamo in crisi da parecchio e il deprimente quadro di insieme non ha aiutato, ma questa mazzata mi ha veramente steso. Sto male e con le festività in arrivo sto pure peggio. Mi colpevolizzo, mi pare che lui sia già sereno, invece io piango sempre e non trovo un motivo per alzarmi dal letto. Con gli amici non riesco a confidarmi perché è da mesi ormai che parliamo solo delle cose che non vanno, sono stanca, e comunque ognuno ha i suoi problemi.
Come se ne esce?
Giorgia, Verucchio

Cara amica, gli eventi “generici” del 2020 in combo con l’essere mollati dal fidanzato stenderebbero un bufalo, per cui per prima cosa prenda atto della gragnuola di avversità e del fatto che è normale sentirsi da schifo. Poi, proverei comunque con gli amici: è vero che è dall’inizio dell’anno che a un qualsiasi “come va?” viene da rispondere “come vuoi che vada” visto il panorama grigissimo, ma se non sono conoscenti da bar sapranno accogliere il suo dolore. Perché di questo si tratta: una batosta, una ferita, un lutto in un anno che già di suo è una batosta collettiva. Ci vuole tempo, per ripigliarsi. Lasciare che i giorni scorrano, e nel mentre non farsi trovare del tutto inani. Alcuni terapeuti suggeriscono di focalizzarci su qualcosa che sappiamo fare bene. Prendersi cura degli altri? Cucinare? Dipingere? Fare foto? Suonare il piffero, che dalle medie non si fila più nessuno? Truccarsi? Coltivare piante grasse? Non so, sono le prime banali cose che mi saltano in mente. Una mia amica in un periodo cupo scoprì che era brava a fare dolci. Ha iniziato a sfornare torte paradiso e tiramisù per tutto il condominio, che le è stato assai grato, e nonostante il rischio ciccia&brufoli ha cominciato a pensare in termini di “domani”, anche se per motivi futili tipo “il giovedì è il giorno della Sacher”. In questo anno tremendo molti hanno adottato animali male in arnese (per usare un modo di dire desueto) o non giovani, o li hanno temporaneamente ospitati insegnando loro a socializzare e rendendo più facile l’adozione futura. L’idea, in soldoni, è ragionare inglobando il dopodomani nell’orizzonte, e di dopodomani in dopodomani riuscire a scollinare. Teniamo botta finché arriva il vaccino (per il malefico virus) e quel filo di rassegnata accettazione (per il mal d’amore). Più di così non è lecito chiedersi: la corsa non facciamola con quelli che cantano dai balconi pieni di energia come il coniglio dopato delle batterie, facciamola con quella parte di noi che fatica a spostarsi dal letto al divano, valà.

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