“O fiore mio”, la pizza da export più forte di pandemia e alluvione

È iniziato tutto a Faenza, tra le quattro mura di un ristorante che più di dieci anni fa ha portato in Romagna il concetto di pizza gourmet, facendolo crescere in un contesto nel quale per tutti la famosa “tonda” era il tipico pasto semplice e a buon mercato. Tassello dopo tassello, Davide Fiorentini su quella prima iniziativa di Faenza ha costruito un’azienda da 1,27 milioni di euro di fatturato (bilancio 2022), che in cantiere ha un percorso avviato di crescita fuori dai confini regionali e persino fuori da quelli nazionali. Progetti che il Covid prima e l’alluvione poi hanno purtroppo messo in seria difficoltà, ma che Fiorentini ha tutta l’intenzione di voler continuare a portare avanti.

Cosa è accaduto negli ultimi tre anni?

«Semplicemente di tutto. All’inizio del 2019 avevamo iniziato ad investire seriamente sulla replicabilità di O Fiore Mio. Il primo negozio aperto a Bologna era stato un grande successo e ne sono seguiti altri due a Milano».

Quando...

«Quando è arrivata la pandemia, con tutte le conseguenze per i ristoranti che non potevano accogliere i clienti e città come Bologna rimaste orfane degli universitari. A Milano abbiamo dovuto chiudere una delle due attività».

Al di là della crisi seguita al Covid, come avete impostato il vostro modello di crescita?

«Il nostro business, come noto, è nato attorno alla pizza tonda. E fino al 2015 la nostra idea iniziale era quella di tentare l’espansione attraverso la strada del franchising. Il progetto della seconda apertura a Milano Marittima andava proprio in questo senso, ma poi chi era alla guida di quel ristorante ha deciso di prendere una strada personale, staccandosi dal nome O Fiore Mio. Poco dopo abbiamo scelto di provare la strada della pizza in teglia alla romana ed è stato vincente».

E questo vi ha aperto le porte per la crescita. Cosa prevedeva il business plan?

«Come dicevo prima, tutto è partito a Bologna. Ci davano dei matti, perché aprire una pizzeria in teglia nella città dove risiede Altero non sembrava proprio un’idea vincente».

Invece...

«Il successo è stato ampio e da qui abbiamo studiato un percorso di sviluppo orientato all’apertura di quindici punti vendita lungo l’asse della via Emilia, a partire proprio dai due di Milano. In parallelo abbiamo fondato l’hub produttivo di Faenza, dove preparavamo tutti i nostri impasti che, una volta surgelati, venivano spediti in tutti i negozi».

L’ipotesi franchising è quindi del tutto tramontata?

«No, diciamo che per ora l’abbiamo messa in un cassetto».

La pandemia, diceva prima, ha messo i bastoni tra le ruote al percorso avviato. Come avete reagito?

«Il momento non è stato facile, ma ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo pensato di ampliare l’offerta anche ad altri lievitati: come pane, prodotti per la colazione e panettoni».

Con quali risultati?

«Che alla fine del 2022 eravamo tornati a vedere la luce e nei primi tre mesi del 2023 stavamo facendo numeri davvero positivi».

Poi, cos’è accaduto?

«Che l’alluvione di maggio ha invaso il nostro hub produttivo, facendo danni per quasi 500 mila euro».

Come è noto, dallo Stato al momento non sono arrivati molti aiuti. Ma volendo mettere da parte per un momento le polemiche, come vi siete riorganizzati?

«Lei ha detto bene: dallo Stato non è giunto un solo euro. Tuttavia, un’impresa non può rimanere ferma e deve organizzarsi sulla base delle certezze, non delle speranze. Ancora una volta ci siamo quindi rimboccati le maniche e, grazie anche alla solidarietà di alcuni fornitori, per ora riusciamo a lavorare all’interno di un laboratorio temporaneo a Forlì. Quest’anno, però, per cause di tipo logistico non riusciremo a riproporre i panettoni».

Siete quindi alla ricerca di un nuovo luogo dove ricreare il vostro hub?

«Certo che no. La nostra intenzione è quella di ricostruire l’hub esattamente dove si trovava prima. Stiamo definendo gli ultimi accordi con il proprietario, ma se riusciamo a partire con i lavori entro l’anno, contiamo di essere pronti per la primavera 2024. Se così fosse, credo che sarebbe un bel segnale anche per tutto il quartiere, che oggi purtroppo fatica a ripartire».

Per non parlare del fatto che vi consentirebbe di riavviare i vostri progetti di espansione. Giusto?

«Il nostro obiettivo non cambia: arrivare a quindici punti vendita. Inoltre, l’intenzione sarebbe anche quella di spostare all’interno dell’hub anche il ristorante della pizza tonda, così da avere tutto in un unico luogo aperto mattina, pomeriggio e sera».

Un’ultima curiosità: avete mai pensato di esportare il vostro prodotto? La pizza made in Italy è tra i cibi più richiesti.

«In realtà lo facevamo già. Prima dell’alluvione esportavamo la nostra base pizza surgelata in diversi Paesi d’Europa. Ora ci siamo dovuti fermare, ma una volta ristabilito il sito di Faenza contiamo di ripartire».

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