La ripartenza post Covid è già finita: inflazione e crisi frenano la nuove imprese

Il mondo imprenditoriale romagnolo guarda al 2024 con più punti interrogativi che certezze. Inutile girarci intorno, la speranza di una rinnovata stabilità post Covid è durata il tempo di un battito di ciglia, spazzata via da una ripartenza talmente repentina da aver di fatto scardinato il rapporto di equilibrio tra domanda e offerta, spingendo l’acceleratore sul pedale dell’inflazione. La geopolitica ha fatto il resto, con la crisi nel Mar Nero prima e nel Mar Rosso oggi che gettano benzina sul fuoco di quello che molti temono possa essere un nuovo anno di crisi. Le prime stime per il territorio racchiuso tra le province di Ravenna, Rimini e Forlì-Cesena erano di sostanziale stagnazione per l’anno appena iniziato (le attuali stime di Prometeia parlano di un più 0,6% per Ravenna, mentre per Forlì-Cesena e per Rimini di un più 0,4% ciascuna), ma le cose stanno mutando velocemente. E purtroppo in direzione negativa.

Per quanto riguarda il mondo dell’impresa, il 2023 sembra in qualche modo confermare il trend di decrescita. Dopo due anni nei quali il saldo delle aziende del territorio (la differenza tra iscrizioni e cessazioni) era stato ampiamente positivo, l’anno scorso la differenza si è sostanzialmente quasi annullata. A Carlo Battistini, presidente della Camera di commercio della Romagna, l’onere di fare la parafrasi: «Noi abbiamo avuto due anni di rimbalzo post pandemia, in cui tutto ha avuto un andamento non ordinario, così come nel 2020 non era stato ordinario il calo. Ora la situazione è di stallo e quando l’economia non va, il numero delle imprese diminuisce in parallelo. E nel nostro territorio ad essere stati maggiormente colpiti sono stati commercio e agricoltura»

Il boom 2021-2022

Facendo un passo indietro, il biennio 2021-2022 era stato decisamente positivo in quanto a nuove iscrizioni di imprese. Più nel dettaglio, il 2021 aveva visto le camere di commercio della Romagna chiudere con quasi 6.300 nuove iscrizioni (tornando a numeri in linea con quelli del 2019), salite nel 2022 a più di 6.500. Tra l’altro, per la prima volta da dieci anni il numero delle nuove iscrizioni aveva superato quello delle imprese cessate, andando così a rimpolpare le fila del tessuto economico del territorio. Nel 2021 il saldo generale romagnolo era stato positivo di 859 unità e nel 2022 si ulteriori 539.

L’incancrenirsi della crisi inflativa unita all’aumento dei costi del debito hanno, però, assestato due ganci non indifferenti, tramortendo il sistema impresa. L’impennata dei prezzi ha infatti portato con sé due conseguenze: da una parte i fatturati delle attività sono schizzati alle stelle, portando persino a siglare molti record storici, dall’altra le marginalità sono invece colate a picco (a causa soprattutto dei maggiori costi degli energetici). Nel frattempo, la leva del debito è diventata sempre più costosa, in conseguenza della politica monetaria restrittiva della Bce, che ha applicato dieci rialzi consecutivi dei tassi di interesse.

Risultato: nel 2023 il saldo tra imprese iscritte e imprese cessate si è chiuso ad appena 50 unità. Tra l’altro le cifre sono abbastanza eterogenee. Per una provincia di Ravenna che, dati di Movimprese alla mano, è riuscita a chiudere l’anno tutto sommato in modo positivo – la differenza tra iscrizioni e cessazioni è stata di più 111 – c’è Forlì-Cesena dove, al contrario, la situazione sembra essere molto più complessa, con la differenza tra iscrizioni e cessazioni ampiamente negativa: meno 103 aziende. Con 39.377 imprese registrate nel 2023, nel Riminese il saldo positivo è invece di 42 realtà.

Prospettive fosche

E per il 2024? Il timore è che si possa tornare in “zona rossa”. Il primo appuntamento importante a livello globale sarà quello di domani, quando al termine della sua prima riunione annuale la Bce svelerà la sua politica sui tassi di interesse. Al forum di Davos gli esponenti della banca centrale hanno già fatto capire che i tagli ci saranno solo più avanti; quindi, l’ipotesi maggiormente accreditata è che domani si possa chiudere con un sostanziale nulla di fatto. Ma la conseguenza è che il debito continuerebbe a rimanere piuttosto costoso per le imprese. Non certo una buona notizia, specie ora che la crisi nel Canale di Suez sta rimettendo ancora una volta in discussione, al rialzo, i prezzi del commercio.

«Ci sono tuttavia anche alcuni aspetti positivi da tenere in considerazione – interviene Battistini –. Intanto che i consumi stanno tenendo, in particolare in Romagna, dove sono addirittura in lieve aumento secondo le nostre rilevazioni. Inoltre, le imprese sono meno indebitate e hanno molta cassa. Quindi, guardando al domani, credo si possa dire che la situazione è di cautela, ma non di pericolo. Bisognerà tenere d’occhio l’andamento degli investimenti, perché è nei momenti difficili che bisogna investire». E le aspettative maggiori, in questo senso, sono tutte sul turismo, i cui numeri sono molto incoraggianti.

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