Pesano anche in Emilia-Romagna le incognite legate alla situazione internazionale: a fine 2025 il pil segna +0,6%, con la previsione di arrivare a +0,9% nel 2026, mentre per l’occupazione, in crescita dell’1,2% nel 2025, si attende un +0,4% nel 2026, portando il tasso relativo al 71,5%. In sostanza la regione, nel podio industriale e manifatturiero nazionale, di nuovo cresce rispetto al resto del paese di qualche ‘zero virgola’ in più, ma accusa oltremodo l’incertezza globale, tra dazi (-8% i flussi negli ultimi nove mesi), frenata delle costruzioni (esauriti i bonus) e rallentamento dell’export verso gli Usa, appunto per le restrizioni al commercio, e la Cina, che invece continua a diffondere spedita le sue merci in Europa. Non è un caso che, dal 2008 ad oggi, l’Emilia-Romagna abbia registrato una crescita media non oltre lo 0,5%, a conferma del trend complessivo. “Siamo ancora dentro al tunnel, che è diventato via via più confortevole perché continuiamo a starci dentro”, è la metafora del direttore del centro studi di Unioncamere Emilia-Romagna, Guido Caselli, oggi alla presentazione del rapporto della stessa associazione camerale al Dama-Tecnopolo di Bologna. Mentre il vicepresidente della Regione con delega allo Sviluppo economico, Vincenzo Colla, precisa che è stato “un anno tra i più difficili”, pur invitando a reagire.
Sempre il 2026, in Emilia-Romagna, conoscerà il traino congiunto di industria (+1,1%5) e servizi (+1,2%), mentre le costruzioni, appunto, dovrebbero entrare in fase recessiva (-2,6%). Il tasso di disoccupazione continua comunque a scendere, toccando il 3,9%, attorno ai minimi storici e posizionando l’Emilia-Romagna al terzo posto in Italia, dopo Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta.