Ecco come sfruttare al meglio l’opportunità dei fondi strutturali

«Dietro all’ascesa di 700mila posti di lavoro fra il 2016 e il 2019 il ruolo dei 34 miliardi derivanti dall’Europa spalmati su sette anni fu importante. Ora, con il programma 2021-2027 si prevedono 43 miliardi ai quali si aggiungono i 191 miliardi in tre annualità del Recovery Plan. È ben chiaro cosa può significare per il nostro Paese se ben utilizzati». Francesco Lombardi si occupa di finanza agevolata. È a capo della direzione tecnica di Innova Finance e l’utilizzo dei fondi strutturali è un filone fondamentale nel suo lavoro, con cui molti progetti di sviluppo aziendale sono diventati realtà. Per questo è certo che l’occasione del Recovery Plan rappresenti davvero un punto di svolta, a patto che sia colta la possibilità «come in questa regione siamo spesso riusciti a fare, a differenza di altre».

Lombardi, quanto è misurabile l’effetto sociale dei fondi strutturali europei?

«La verifica degli effetti dei progetti europei è un elemento imprescindibile e spesso nei bandi stessi vengono chiariti obiettivi di rilevanza sociale. Uno su tutti quanto questo incida sull’occupazione. Spesso, nella scrittura dei bandi, le Regioni possono inserire l’obbligo di assunzioni correlate al finanziamento del progetto. O inserire premialità se, nel presentare la proposta, l’azienda si prende impegni in tal senso».

Ci faccia un esempio...

«Beh, ormai celebre è diventato il bando ex lege 14/2014, pubblicato nel 2017 in Emilia Romagna e giustamente rifinanziato dalla Regione. Quaranta milioni di investimento pubblico, hanno portato a 522 milioni di investimento privato complessivo con più di 1.200 posti di lavoro creati. Sono state coinvolte solo 13 imprese, tra i fiori all’occhiello del nostro territorio. Con l’impiego di denaro pubblico si è riusciti ad avere la massima ricaduta sociale.

Quanto sono preparate le istituzioni nell’approfittare dei fondi europei per cercare di dare opportunità alle imprese?

«Indubbiamente ci sono Regioni più preparate di altre. Due indicatori piuttosto esplicativi sono la quantità di risorse stanziate e quelle in pagamento. L’Emilia Romagna ha stanziato fondi per il 110 per cento di quelli impegnati: è una modalità contabile per essere certi di attribuire tutti quelli disponibili, tenendo una “riserva” di soggetti che, per motivi vari, potrebbero subentrare per rinunce o eliminazione di quelli in graduatoria. Il 63% delle risorse poi sono già state pagate».

Si tratta di una buona performance?

«Direi di sì, è la migliore a livello italiano. Anche il Veneto si muove bene, con il 92,7% di risorse stanziate e il 47,6 di pagate. Molto bene anche la Puglia, col 101% di stanziamenti e 61% di pagamenti. Ma esistono oggettivamente due Italie: la Calabria ha accantonato il 57,4% dei fondi e ne ha attribuiti il 33. Non troppo differente la Campania: stanziato il 59% e pagati il 34».

Ci sono ampie differenze, che fanno presupporre che nell'attuazione del Recovery Plan non tutti sapranno reagire nello stesso modo. Le imprese, invece, quanto sono pronte?

«Non quanto servirebbe. Troppe volte si dà per scontato che partecipare al bando significhi ricevere i fondi, ma le risorse non sono illimitate. Normalmente il 30 per cento degli aventi diritto scrive un progetto con cui arriva all’obiettivo del finanziamento».

Mancano le idee?

«Non più di tanto: le aziende che presentano idee finanziabili sono tante, non sempre però le presentano in maniera corretta. Ogni bando ha dei criteri di valutazione: è lì che si concentra il focus, l’elemento su cui puntare per avere il finanziamento. A volte l’elemento premiante è l’aumento di fatturato, altre volte la sicurezza sul lavoro, altre l’ambiente. Bisogna chiarire, scrivendo il progetto, che le finalità collimano con quelle del bando. E molti non lo fanno adeguatamente».

Un segreto per riuscire?

«I progetti che hanno più successo sono quelli per cui il finanziamento non è un fine, ma solo uno strumento. Quando si evince, dalla scrittura del paper di partecipazione, che l’azienda candidata procederà comunque nel programma che ha definito, quasi certamente avrà i soldi. E poi bisogna avere chiari i filoni su cui la strategia si sta improntando: digitalizzazione, innovazione, ambiente e risparmio energetico sono gli ambiti su cui prepararsi per i prossimi progetti. Lì si muove lo sviluppo europeo».

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