Ecco chi paga maggiormente il conto del coronavirus: tutti i dati

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Dettaglio non specializzato giù, alimentare in tenuta, iper, super e grandi magazzini addirittura in ascesa e per quanto riguarda le ‘carte d’identità’ della crisi sono la piccola e media industria a pagare il dazio più sostenuto, mentre le attività con più di venti dipendenti non sono state praticamente toccate dalla pandemia da Coronavirus.

E’ questa la sintesi del terzo trimestre 2020 che emerge dall’indagine congiunturale realizzata da Camera di commercio e Unioncamere Emilia-Romagna sul periodo luglio-settembre, quello in cui le misure restrittive avevano dato una tregua.

Prima di ripiombare nei Dpcm e nell’incertezza che ancora investe il comparto commerciale.

L’altalena delle vendite le tendenze

Nel periodo preso in esame, le vendite a prezzi correnti per gli esercizi al dettaglio in sede fissa hanno subito una flessione media del 2,4% rispetto al 2019. Mentre quelle dello specializzato alimentare si sono infatti ridotte “solo” dell’1,1%, nel dettaglio specializzato non alimentare la perdita è stata ben più più ampia e si è assestata al -4,5%. Il Covid ha visto infine lavorare di più iper, super e grandi magazzini, che hanno beneficiato della situazione di riapertura facendo segnare un aumento delle vendite del 3,4%.

Soffrono i medio-piccoli, immuni le grandi attività

L’analisi evidenzia per una correlazione positiva fra vendite e dimensione aziendale, fissando anche una sorta di effetto soglia. La piccola distribuzione (le attività cioè che hanno da uno a cinque addetti) hanno accusato un calo del 3.9% e le imprese di media dimensione (da 6 a 19 addetti) hanno toccato addirittura un -4,1%. Non si sono invece praticamente accorte della pandemia le imprese di maggiore dimensione, quelle con almeno 20 addetti: qui la tendenza delle vendite risulta lievemente negativa, con un -0,1% appena.

Perse altre mille imprese meno società di persone

Al 30 settembre 2020, le imprese attive nel commercio al dettaglio erano 42.821. Ciò significa che rispetto a un anno prima se ne sono perse 1055, il 2,4%. Il dato è figlio di una diminuzione delle società di persone del 3,9% (-357 unità) e di quella delle ditte individuali del 2.7% (-816 unità).

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