Dupasquier e la morte che accompagna i piloti mentre scrivono il libro dei loro sogni

La vita di Jason Dupasquier è stata stroncata in un fine settimana di festa al Mugello: il motociclismo ha riproposto la sua faccia più brutta, quella della morte. Già, la morte: scrivendo per il Corriere Romagna, l'ho incontrata dal vivo la prima volta al Misano World Circuit "Marco Simoncelli" il 5 settembre 2010, con il giovane Shoya Tomizawa (altro pilota che stava facendosi apprezzare da poche gare) e rimasi pietrificato. Avevo salutato Shoya venerdì sera, pur non conoscendolo di persona, in sala stampa alla fine di una giornata di giri in pista e lavoro e mi aveva risposto con un sorriso. Il sorriso di un ragazzo simpatico che si stava collegando in chat con il Giappone, per parlare con amici, famigliari e la fidanzata. Tutto finito in un attimo, tutto cancellato. Quella domenica sul momento non riuscii a scrivere nulla... fortuna che c'era con me un collega più esperto.

La morte tornò a scuotere il mondo che amo, il lavoro che amo, pochi mesi dopo, il 23 ottobre 2011. Quella domenica ero proprio al Mugello per raccontare il campionato italiano di velocità e a mezzo mondo di da lì, a Sepang, si chiudeva la parabola di un grande campione: Marco Simoncelli. Un amico, che avevo conosciuto bene. Ecco, quel giorno invece sono riuscito a scrivere. Cosa ho scritto? Ancora ora non lo so. Il sogno di Icaro, quello di potenza, velocità e sprezzo del pericolo pretende sempre il pagamento del prezzo più pesante e ci lascia desolati e vuoti. Vittorio Sgarbi, da acuto polemista, si chiede se abbia un senso perdere una vita giovane così: in pratica se il gioco vale la candela. Caro professore, cosa può valere la vita persa di un 19enne? Una guerra? La difesa di un territorio? La giustizia? Una scoperta scientifica? Il portare a casa i soldi per la famiglia? Una ebrezza?

Lo disse anche Ettore ad Andromaca: "la Moira non c'è uomo che possa evitarla, sia valoroso o vile, dal momento che è nato"; poi, anche Ettore, davanti alla sua fuggì, mettendosi a correre sotto le mura di Troia. L'inganno di una Dea, lo convinse ad affrontare l'inaffrontabile... e sappiamo come andò a finire contro Achille. Ecco, appunto: vale la pena rischiare le ossa e la salute in un campo da rugby di una serie C2 non vista da nessuno, per fare una meta insieme ai tuoi amici? Vale la pena saltare su un panetto di un campo da cross in un misconosciuto campionato regionale? Vale la pena mortire cercando di portare lo stipendio a casa cadendo da una impalcatura al lavoro?

Professor Sgarbi, se le chiedessero di non leggere dei libri, dei libri stupendi, perchè potrebbe rischiare la pazzia e la morte...lei che farebbe? Già, perchè ognuno di noi scrive e legge il proprio libro. E' il libro della nostra vita e lo si riempie di ciò che ci regala emozioni, paure, amori, passioni e sogni. Può essere una grande scoperta scientifica, una meta a rugby in un piccolo campo di provincia, un tuffo con il paracadute, una camminata in montagna o un giro in bicicletta. Tutto inchiostro per scrivere il nostro libro e lo scriviamo sempre con la morte a fianco. Jason stava scrivendo il suo e, fino a sabato pomeriggio, sembrava un racconto entusiasmante. Immaginiamo i tormenti dei colleghi piloti che devono scendere in pista il giorno stesso in cui muore un ragazzo, uno di loro, e sono costretti a dare gas con la morte nel cuore...ma quello è lavoro ed il lavoro bisogna farlo, sempre e comunque. Thomas Luthi, campione elvetico che era stato mentore di Jason, non se l'è sentita e si è fermato. Speriamo che riparta. Non si deve mollare mai, nemmeno davanti all'inaccettabile e all'ingiustizia che ha colpito Dupasquier, un giovane Icaro caduto mentre scriveva il suo libro dei sogni.

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