Due scrittrici indagano Fellini, i suoi miti e personaggi

Cultura

Nell’anno felliniano non mancano i libri dedicati al regista nato a Rimini 100 anni fa. Scrittrice e sceneggiatrice umbra, Laura Nuti con “Mitologia Fellini. Alla scoperta dei falsi miti su Federico Fellini e il suo cinema” ha vinto il Premio “InediTo. Colline di Torino”. È stata autrice anche di “La reception de Federico Fellini en France” e “L’influenza della grafica giornalistica sul cinema di Federico Fellini”.

Nuti, quali sono questi miti da sfatare e in che maniera ha voluto ‹‹rendere giustizia a Fellini e al suo cinema››?

‹‹In “Mitologia Fellini”, individuo sette miti: il “felliniano”, il demiurgo, il paroliere, l’apolitico, il misogino, il francescano, l’anti-intellettuale. Si tratta di miti nati sulle pagine della critica francese tra gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta. Il cinema di Fellini è molto di più ed è un delitto ridurlo a un’accozzaglia di cliché. L’immagine che per me emerge dai suoi film è quella di un uomo innamorato della vita e dell’umanità, di un regista preparato e intransigente che ha dovuto superare molte battaglie, di un artista che attraverso il falso riesce a fare emergere verità che non saremmo stati in grado di cogliere altrimenti››.

Come è nata l’ingente “mitologia felliniana”?

‹‹Sintetizzando al massimo, potrei dire che molti dei falsi miti sul conto di Fellini sono nati da un tentativo (fallito) di piegare la poetica dell’artista agli schemi ideologici. Ma il cinema di Fellini è prima di tutto un cinema di libertà, che sfugge facili etichette. Il regista fu però tutt’altro che la vittima indifesa dei falsi miti che circolavano sul suo conto. Al contrario, in molti casi, fu lui stesso ad alimentarli e a diffonderli per rafforzare il suo personaggio e, come candidamente ammise in più occasioni, si era inventato “un’infanzia, un’adolescenza e una vita per poterle raccontare”››. Federica Iacobelli invece insegna sceneggiatura all’Isia di Urbino e scrive per film documentari, il teatro e la televisione. Tra i libri pubblicati: “Uno studio tutto per sé” (Premio Pippi scrittrici per ragazzi 2008), e il romanzo “Storia di Carla” (Pendragon 2015). Il suo ultimo “Giulietta e Federico” (Camelozampa) è illustrato dall’artista olandese Puck Koper.

Iacobelli, perché ha ideato questo racconto inventato da due vite vere, seguendo la traccia che hanno lasciato nella nostra memoria e nel cinema?

‹‹Questo piccolo libro affonda le sue radici in una mia personale passione d’infanzia per Federico Fellini, del quale vidi a neanche dieci anni “Giulietta degli spiriti”, un film adulto ma coloratissimo, immaginifico, magico, del quale pur senza capirlo pienamente m’innamorai; ma nasce per il centenario della nascita di Fellini, come idea condivisa tra autori, editori, professionisti della letteratura per ragazzi che hanno cercato e stimolato racconti illustrati ispirati o dedicati al cinema. Il nostro “Giulietta e Federico” si compone però di due racconti: uno è appunto quello in cui dichiaro che non so niente di loro, e posso solo immaginarli e reinventarli; l’altro è quello in cui brevemente racconto che una Giulietta e un Federico sono esistiti davvero e hanno vissuto insieme una storia d’amore, di viaggio e di arte proprio come i miei personaggini››.

In che maniera, il mondo simbolico di “Cico e Pallina… che hanno sognato lo stesso sogno”, si mostra ancora capace di narrare e incantare i bambini di oggi?

Cico e Pallina sono i due personaggi immaginati da Fellini disegnatore e sceneggiatore per una serie di radioscene andate in onda negli anni della Seconda guerra mondiale. Un pezzetto di immaginario felliniano e sono anche galeotti, nella vita reale di Fellini e Masina, perché fu lavorando a quelle radioscene che i due grandi artisti, lui come autore e lei come doppiatrice, si conobbero e si innamorarono. Cico e Pallina sognano il viaggio di Giulietta e Federico, che viaggiando si ricongiungono a loro, e ricordano i loro inizi. La mia intenzione è stata quella di raccontare una favola che potesse incuriosire e spingere ad andare a conoscere la loro storia e soprattutto la loro arte: perché di quella possiamo sapere qualcosa, mentre il loro amore, come l’amore di qualunque coppia di cui non facciamo parte noi stessi, ci resta e deve restarci sempre segreto e misterioso››.

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