"Dopo il traguardo": la marcia infinita di Alex Schwazer

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Una delle storie più controverse dello sport del terzo millennio. Cadute e risalite, nella migliore tradizione dei sportivi che fanno discutere.

Dopo l’archiviazione del secondo procedimento penale per doping “per non aver commesso il fatto”, Alex Schwazer vuole tornare a gareggiare. La sua è una storia di cadute e di redenzioni, di rinunce e di rinascite. Ecco allora il libro "Dopo il traguardo" (Feltrinelli, 240 pagine, 16 euro), destinato una volta di più a fare discutere e a dividere i pareri.

"Questo libro - racconta Schwazer - è un resoconto sincero, schietto, fedele di ciò che mi è capitato. Non è la confessione di un diavolo e neppure l’apologia di un angelo. Chi vuole leggere la biografia di un uomo senza peccati ne deve scegliere un’altra, non la mia".

Il marciatore Alex Schwazer diventa un campione da giovane, forse troppo giovane: “Il mio vocabolario comprendeva solo due parole, allenamento e riposo. Non avevo un colore preferito o un piatto preferito. Non avevo un passatempo, una passione o un obiettivo che non fossero la marcia”. Alle Olimpiadi di Pechino del 2008 sale sul podio più alto nella 50 km di marcia. È il coronamento di un sogno. Ha solo ventitré anni. Ma quel trionfo complica tutto. È come la kryptonite, per lui. Si logora. Sempre più solo, e in preda alla depressione, va in Turchia e acquista l’eritropoietina, un ormone proibito. A poche settimane dalle Olimpiadi del 2012 arriva il controllo, e risulta positivo. Niente Londra. Niente più sport, forse. Una punizione esemplare. Ma è proprio allora che torna la febbre che sta prima e dopo ogni traguardo, il futuro che si tende nell’aria: “Quando ho toccato il fondo, mi sono chiesto come mi fossi cacciato in quella situazione. Quel giorno ha segnato la rinascita dell’uomo che avevo dentro e che da tanto tempo non trovava spazio per uscire. Quel giorno ho capito di essere in un labirinto immenso e apparentemente senza via d’uscita, nel quale brancolavo da anni. Un labirinto nel quale avevo perso tutto. La persona che ero, la mia fidanzata, la credibilità, la dignità. Solo ora ne sono uscito. Sono sopravvissuto a un’imboscata, una macchinazione subdola e crudele che in altri momenti mi avrebbe annientato. Ancora oggi, a distanza di cinque anni, non so come ho fatto a mantenere l’equilibrio. Questa è la storia che voglio raccontare”.

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