Il dolce di Sebastiano Caridi, su misura per Faenza e Bologna

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FAENZA. Perfetti, cominci a mangiarli con gli occhi. Poi in bocca esplodono i sapori. I dolci mignon di Sebastiano Caridi puntano alla perfezione, perfezionista sì del resto è lui, classe 1988, nato calabrese diventato romagnolo, vincitore nel 2015 del talent “Il più grande pasticcere d’Italia”. Figlio d’arte, in pasticceria c’è cresciuto, dal 2018 è maestro Ampi, e dal 2016 gestisce la sua pasticceria in corso Saffi a Faenza dove guida una brigata di giovani colleghi e contemporaneamente fa spesso capolino in sala e saluta avventori e clienti affezionati, quasi uno ad uno. Da un paio di settimane i suoi dolci si possono assaporare anche a Bologna, a Palazzo Fava. «Volete mettere mangiare un mignon straordinario davanti a un Fontana?», dice. Del resto a Bologna mangiare non è mai un gesto senza peso, ed è lì che Caridi ha dato il via alla sua nuova sfida.


Con o senza talent, comunque, quella del pasticciere sarebbe stata la sua strada.
«Il passaggio in tv mi ha dato un grosso aiuto a livello di notorietà in pochissimo tempo. Ma andare in tv e anche vincere un talent non basta, subito dopo occorre consolidare quella vittoria lavorando bene».
Tre anni le sono bastati a fidelizzare una clientela su Faenza, le persone entrano ed escono dal suo locale continuamente in una qualsiasi giornata infrasettimanale. Però non si è fermato, ha appena aperto a Bologna a palazzo Fava.
«Sì devo dire che a Faenza ormai ci sono molte persone che ci preferiscono, scelgono i nostri dolci per le occasioni importanti e vengono in negozio con assiduità. Ma abbiamo deciso di farci conoscere anche in una grande città e devo dire che in appena tre giorni il numero di presenze è stato allucinante. In un certo senso lì è più facile attirare persone, ci sono molti più turisti, ma Faenza è la mia casa. Inoltre qui manterrò tutta la produzione, a Bologna portiamo i semilavorati preparati da noi che là vengono finiti e decorati per garantire la freschezza al prodotto».
Come è nato il suo rapporto con Faenza?
«A Faenza sono arrivato nel 2001. Studiavo già pasticceria, io sono figlio di un pasticciere, e fra i vari concorsi che facevo già all’epoca, entrai in Cast Alimenti e lì conobbi uno dei miei maestri Stefano Laghi che produceva cioccolateria e lo affiancai in questa attività venendo qui. Poi mi sono fermato, perché è una città in cui si vive bene e che mi rappresenta: io sono meridionale, mi piace l’accoglienza e mangiare bene. Poi a un certo punto non mi andava più di fare solo cioccolateria, volevo tornare alla pasticceria e affrontai le selezioni per essere assunto dalla pasticceria storica di Faenza, Fiorentini, che mi diede fiducia e ampio spazio di azione. Furono molto comprensivi anche quando mi assentai due mesi per partecipare alle riprese del talent. Finita quell’esperienza rimasi lì altri sei mesi poi conobbi il mio socio Giorgio Gonelli e con lui ho aperto il locale della mia vita in questo palazzo storico».
Ora è lei che seleziona pasticcieri per la sua brigata che è bella numerosa e molto giovane. Cosa cerca nei suoi collaboratori?
«Siamo trenta persone complessivamente a lavorare fra laboratorio e zona vendita. Non mi piacciono i fenomeni, preferisco le persone umili, che magari ammettono anche di non saper fare qualcosa ma sono disponibili a imparare, e che rispettano il gruppo. Chi mi fa scattare la scintilla è che è disposto a farsi dire cosa deve fare. A me piace insegnare, trasmettere questo mestiere, e infatti adesso arrivano stagisti da accademie pasticcere da tutta Italia, a partire da Cast Alimenti di cui io sono un po’ figlio. Ho anche preso un appartamento qui a Faenza dove agli stagisti do vitto e alloggio, per agevolarli. Io so bene cosa voglia dire viaggiare per città diverse dalla propria, magari anche lontano, per imparare il mestiere. Mi piace evitare a loro un po’ dei problemi che ebbi io. Sono tre i ragazzi che arrivati come stagisti, poi sono rimasti a lavorare».


Le preparazioni che le danno più soddisfazioni, gli ingredienti che preferisce lavorare?
«Mi piacciono molto i lievitati, dai babà ai panettoni che io preparo solo in due versioni, quello tradizionale e uno con arancia candita e cioccolato, niente gusti strani, prima viene la tradizione. I lievitati sono materia viva e si deve conoscere molto bene il processo. Poi amo lavorare il cioccolato, che mi piace anche molto e, dopo 12/13 ore di lavoro è un vero toccasana per tirarmi su».
È un lievitato non a caso anche la sua ultima creazione il “Faboloso” che ha lanciato in occasione dell’apertura a Bologna.
«È un pane dolce lievitato e leggero, inzuppato in uno sciroppo di Marsala che lo lascia umido e aromatico. Una specie di babà, molto più grande che assomiglia quasi a un panettone, ma senza canditi. Lo vendo in due scatole diverse, disegnate apposta, una con le immagini di Faenza, “Fa”, e una con le immagini di Bologna “bolo”. La desinenza “so” ricorda che è qualcosa di… goloso. Vorrei che i turisti lo acquistassero come dolce da viaggio, un ricordo delle due città».
Le piace che i suoi clienti portino via con sé i suoi dolci. Vedo che lavora molto anche con i barattoli, nei quali mette anche babà.
«Ho pensato che per preparazioni abbastanza facili il take away fosse una buona soluzione e devo dire che è stata apprezzata. Ce le richiedono oggi anche molti negozi, ma per il momento produciamo per i nostri due, abbiamo tanto da fare».

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