Discepolo di don Bosco, missionario in America latina

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Il 28 novembre 1891 Italia, «periodico politico e letterario», riferisce che nella Repubblica dell’Ecuador un missionario salesiano riminese è parroco a Yaguachi, nel territorio di Guayaquil. Il giornale, di orientamento liberale, in polemica con certi preti locali – a suo dire un po’ troppo “rilassati” nell’esplicare l’ufficio sacerdotale – si complimenta con il salesiano, che «dà tutto se stesso all’educazione morale del popolo» e che al contrario dei suoi colleghi «crede di avere nella sua missione anche un lavoro di operosità civile a pro dei poveri». Il trafiletto di Italia calamita la nostra attenzione e con le notizie che troviamo anche su altri giornali dell’epoca riusciamo a comporre un pezzetto del percorso di vita di questo riminese, missionario nell’America Latina. Antonio Metalli nasce a Rimini il 22 aprile 1859 e fin da bambino manifesta una forte vocazione per il sacerdozio. Imboccata questa strada, nel 1879 fa la sua prima professione salesiana a Lanzo Torinese. Nella mente del giovane alberga un solo desiderio: portare il proprio contributo di fede e di apostolato tra i poveri dell’America Latina. Una scelta di servizio, questa, maturata giorno dopo giorno sulla scia delle parole che don Bosco rivolge ai componenti la prima spedizione missionaria salesiana in Argentina nel novembre del 1875: «Cercate anime, non denari, né onori, né dignità; prendete speciale cura degli ammalati, dei fanciulli, dei vecchi e dei poveri, e guadagnerete la benedizione di Dio e la benevolenza degli uomini; fate che il mondo conosca che siete poveri negli abiti, nel vitto, nelle abitazioni, e voi sarete ricchi in faccia a Dio e diverrete padroni del cuore degli uomini; fra voi amatevi, consigliatevi, correggetevi, non portatevi né invidia né rancore, anzi il bene di uno sia il bene di tutti, le pene e le sofferenze di uno siano pene e sofferenze di tutti, e ciascuno studi di allontanarle o almeno mitigarle; nelle fatiche e nei patimenti, non si dimentichi che abbiamo un gran premio preparato in Cielo». Divenuto sacerdote salesiano l’impazienza di partire per le missioni diviene per don Antonio Metalli addirittura frenetica. In attesa di salpare si dedica allo studio della lingua spagnola e degli usi e costumi socio-ambientali delle popolazioni dell’America Latina. Il sogno del riminese si realizza all’età di 25 anni: il 13 ottobre 1884 parte con altri confratelli per l’Argentina. Durante i cinquanta giorni di viaggio in piroscafo si trova fianco a fianco con diverse famiglie italiane costrette a lasciare la propria terra in cerca di lavoro. Osservando la sofferenza stampata nei volti di questi migranti gli tornano alla mente le parole di don Bosco: «Voi troverete un grandissimo numero di fanciulli e anche di adulti che vivono nella più deplorevole ignoranza del leggere, dello scrivere e di ogni principio religioso. Andate, cercate questi nostri fratelli, che la miseria e la sventura portò in terra straniera». Dopo alcuni anni trascorsi in Argentina, don Antonio è trasferito dalla sua Congregazione nella Repubblica dell’Ecuador; molto probabilmente per dare una mano ai componenti la prima missione salesiana insediatasi a Quito il 28 gennaio 1888. L’Ecuador è un Paese povero, arretrato e di scarse risorse economiche e per di più pervaso da un clima di pericolosa instabilità politica. I salesiani, al corrente di tutto ciò, danno un senso alla loro presenza con l’inaugurazione, nelle tre principali città del paese, di oratori e scuole di arti e mestieri corredandole di un’ampia varietà di orientamenti lavorativi: dalla forgia alla rilegatoria, dalla ceramica alla calzoleria, dalla panetteria alla sartoria e alla lavorazione dei cappelli. Un apostolato prettamente operativo nella certezza che la formazione professionale aiuti i giovani a recuperare «la dignità di uomini e di figli di Dio». I pochi contatti che il salesiano riminese ha con la sua città di origine iniziano nel 1891, quando – come abbiamo detto – è parroco a Yaguachi. Chi lo ha conosciuto da ragazzo se lo ricorda con un temperamento esuberante e volitivo. Altre caratteristiche di don Antonio, missionario trentacinquenne, ce le fornisce La sveglia della Romagna, settimanale «popolare cattolico», il 24 novembre 1894: «Alto della persona, di complessione robusta, con due occhi rivelatori di un’intelligenza svegliata, instancabile nel suo ministero, di animo schietto che apprezza altamente gli affetti dell’amicizia, di cuore generoso profondamente cristiano». L’energia e lo «zelo apostolico» che don Metalli trasmette nel proprio “lavoro” – leggiamo su La sveglia della Romagna – sono talmente apprezzati da meritare «la stima e l’affetto di ogni ordine di cittadini». Nel 1894, «per i servigi resi al paese», il riminese, divenuto nel frattempo Curato e Vicario di Vinces, è decorato di medaglia d’oro del Presidente della Repubblica dell’Ecuador. In questa città ha aperto le scuole professionali e un oratorio festivo che raccoglie centinaia di giovani. «Allo studio – riferisce il giornale continuando a parlare del salesiano – unisce il lavoro e al doppio lavoro della mente e delle braccia accoppia la religione. Ha comperato due battelli, che chiama l’uno Don Bosco, e l’altro Margherita Bosco, in memoria del suo benefattore». La domenica le imbarcazioni si caricano di giovani e con essi il sacerdote riminese fa istruttive passeggiate lungo il fiume. Con queste annotazioni cala il sipario sulla vita e sull’opera di don Antonio Metalli. Dal 1894 del riminese, salesiano e missionario in America Latina, si perdono le tracce.

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