"Disabili, troppi pericoli": l'appello del presidente cesenate dopo la morte nel lago del wakeboard

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«Il sitwake è uno sport pericoloso che va gestito in maniera diversa, non si può declinare il wakeboard tale e quale solo per dare un’opportunità agli invalidi. Bisogna tutelarli in altro modo». È una presa di posizione netta quella del cesenate Gianluca Lucchi, presidente dell’Asd Starwake di Porto Fuori. Conosceva bene Andrea Mancini, la vittima disabile dell'incidente avvenuto due giorni fa: «Era una persona legata al club, papà della fidanzata di uno dei nostri capi istruttori - racconta - Stava facendo una vacanza da noi, era arrivato in camper». Martedì pomeriggio, spiega Lucchi, «Ero lì ma non ho visto direttamente l’incidente».
Il centro sportivo è fra i migliori in Regione e conosciuto a livello internazionale, tanto che la società punta a portare a Ravenna i campionati europei. «Da un paio d’anni la federazione ha aperto la categoria disabili - continua Lucchi - cosa che abbiamo sempre un po’ contestato». Il motivo? «Un conto è salire sulla tavola con le tue gambe, ti pieghi e ti fermi quando vuoi, la controlli. Diverso è essere su una sedia tipo go kart, chiuso. Il controllo è più difficile. Non incolperei né la disciplina né l’impianto in sé, ma sono convinto che l’incidente si sia verificato perché non poteva controllare il mezzo».
Per la società sportiva che gestisce il Lago Medio, è l’incidente più grave che si sia mai verificato. «E dire che siamo uno fra i centri più famosi al mondo, con il 40% dei tesseramenti che viene dall’estero, e un flusso di persone compreso tra le 3mila e le 4mila all’anno - prosegue Lucchi - In 10 anni non è mai successo nulla, e gli infortuni sono stati pochissimi». Era già capitato, rivela il presidente, che qualche sportivo si fosse avvicinato al traliccio: «Chi ha avuto questa sfortuna si è buttato indietro e si è fermato prima o al massimo ha toccato con la tavola il palo. Ma mai nessuno è arrivato a colpirlo con quella violenza. E’ che il sitwake, così com’è, è pericoloso. La Federazione non si è resa conto dei rischi che possono correre persone che non hanno il controllo delle gambe. Questo perché il wakeboard e gli arti inferiori sono strettamente correlati. Questo è il mio pensiero». Lucchi torna infine sull’incidente: «Lo abbiamo soccorso in maniera più che tempestiva. Il regolamento prevede l’intervento in barca, ma è troppo lento, così ne abbiamo ideato un altro: con un secondo bilancino usiamo l’impianto per arrivare sul punto del soccorso. Poi abbiamo tentato la rianimazione con il defibrillatore condiviso tra le quattro società del centro sportivo. Quanto al defibrillatore, «ce n’è uno per tutte le società del centro sportivo, ma non c’era più nulla da fare». FED.S.

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