Dina Sassoli, la riminese che vinse il Concorso cinematografico

Rimini

Nessuno immaginava che avrebbe vinto lei. Che proprio lei, in quella frenetica estate del 1938, sarebbe risultata prima al Concorso nazionale per la scelta di una coppia di giovani attori cinematografici. Eppure lei, Dina Sassoli (1920-2008), riminese, 18 anni, un metro e 71 centimetri di altezza, 55 chilogrammi ben distribuiti, aveva superato senza raccomandazioni e compromessi tutte le altre concorrenti e insieme con il milanese Alberto Manfredini era salita in cima al podio. In premio riceveva duemila lire, un contratto con la “Scalera Film” e la prospettiva di una luminosa carriera nel mondo della celluloide (Corriere Padano, 1 ottobre 1938).


La competizione, bandita dalla rivista Film in collaborazione con l’Azienda di soggiorno di Rimini, aveva alimentato le illusioni di un migliaio di partecipanti. Il cinema, in quello scorcio di anni Trenta, con i suoi miti e il suo divismo esasperato, rappresentava un miraggio e per molti quel concorso era una buona occasione per uscire dalla mediocrità, un tentativo di arrivare ad essere qualcuno e perché no? di raggiungere la fama. Il momento, del resto, era particolarmente favorevole alla cinematografia italiana, basti pensare che con la costruzione degli studi di Cinecittà, il potenziamento di tutto il settore artistico e la chiusura al prodotto americano, si cercava di competere alla pari con la stessa produzione holliwoodiana.
Dina si era avventurata in quella gara quasi per scherzo. Qualcuno, a sua insaputa, forse convinto dalla sua avvenenza, aveva inviato la foto. La richiesta di ulteriori dati anagrafici, che ne era seguita, l’aveva indotta a completare le risposte e da quel momento non si era potuta più tirare indietro. Il mondo dello spettacolo non albergava nei suoi sogni di ragazza: la sua grande passione era la pittura. Nel suo futuro c’erano gli studi artistici che le avrebbero dischiuso le porte dell’insegnamento del disegno nelle scuole statali: in ottobre avrebbe dovuto iniziare a frequentare il liceo di belle arti a Bologna. Sì, qualche volta aveva recitato, ma senza troppa convinzione. Piccole parti nella filodrammatica del Circolo XXVIII Ottobre, solo per stare insieme con gli amici, per superare la monotonia della vita sonnacchiosa della provincia. Mai le era venuto in mente di prendere lezioni di dizione o di iscriversi a corsi di recitazione. Il palcoscenico era solo un passatempo, soprattutto invernale; come il nuoto e la bicicletta erano gli svaghi estivi. Nulla più. Abitava nei “palazzoni” dei ferrovieri di via Tripoli e la sua giornata non differiva da quella delle sue coetanee.
Le selezioni del concorso erano iniziate in giugno. A Roma, presso la sede del settimanale Film, Dina aveva superato con facilità le prime prove di fotogenia: quei maliziosi occhi verdi dai riflessi dorati e quel viso dolce circondato da una cascata di capelli castani non potevano passare inosservati. A fine agosto, a Rimini, le spettavano gli impegni più gravosi: i provini sotto la direzione della troupe cinematografica guidata da Camillo Mastrocinque (1901-1969), noto regista di Regina della Scala (1936), Voglio vivere con letizia (1937) e L’orologio a cucù (1938) (Corriere Padano, 24 agosto 1938).
Giorno dopo giorno, recitando gli esterni in spiaggia e gli interni nei saloni del Kursaal – divenuto Casino Municipale in base alle disposizioni imposte del regime fascista per la campagna contro i nomi «di pura marca estera» e per il recupero della «gloriosa lingua dantesca» –, sempre assediata dall’ingombrante presenza di amici e bagnanti, Dina aveva cominciato a credere in se stessa e a prendere coscienza del proprio talento. E ciò anche per i lusinghieri giudizi che riscotevano le sequenze dei suoi filmati, proiettati al Cinema Impero. Dopo Rimini si era dovuta recare ancora a Roma per l’ultimo provino sonoro: una faticaccia che, tuttavia, la consacrava “stella” dello schermo.
Il Corriere Padano del 29 settembre 1938, anticipando di un giorno l’esito del concorso, ormai scontato, le aveva tracciato un primo profilo artistico: «Dina Sassoli la conosciamo un po’ tutti. Alta, snella, con due occhi magnifici, l’abbiamo vista molte volte passare lungo il corso con quella sua aria un po’ trasognata e con quel suo passo agile. Spessissimo sola e senza molta voglia di guardare in faccia la gente. Oppure l’abbiamo vista scorrazzare veloce lungo i viali della marina sulla sua fedele bicicletta…». Poche e scarne notizie, sufficienti, però, a delineare il personaggio e ad iniziarne il mito.
Dopo il debutto cinematografico in Papà Lebonnard (1939) Dina Sassoli raggiungerà il successo nella interpretazione di Lucia Mondella nel film I promessi sposi (1941) per la regia di Mario Camerini (1895-1981). Le è accanto, nel ruolo di Renzo Tramaglino, Gino Cervi (1901-1974). Superata la pausa forzata della guerra, la riminese tornerà nuovamente sul set e la sua carriera, accompagnata dal consenso popolare, sarà costellata da una cinquantina di film e da molteplici lavori per il teatro e la televisione.

  • Riproduzione riservata

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui