Il diario di Caterina Cavina da Medicina, mascherine autoprodotte

Imola

di CATERINA CAVINA Venerdì sono arrivate le mascherine in farmacia e costavano 17 euro! E sono finite subito! Ma si può?”.
Lunedì mattina, terza settimana di zona rossa a Medicina, giorno della spesa settimanale. Due signore stanno parlando a un metro e mezzo di distanza separate dalle cassette dell’ortofrutta. Una indossa una mascherina chirurgica non certo nuova, si nota una ditata di fondotinta sull’azzurro del tessuto non tessuto. L’altra ha invece avvolto al viso un foulard stampato con pappagalli colorati. Se non fossimo nel bel mezzo di una situazione tragica, sarebbe piuttosto comico. Com’è curioso il fatto che in alcuni supermercati siano considerati beni essenziali le colombe di Pasqua, quindi in vendita, e non la carta igienica e le crocchette per gatti. A parte che le mie gatte mangerebbero qualsiasi cosa, per la carta igienica la vedo più difficile.
Le signore mi guardano male. So il perché. Non porto la mascherina, non l’ho mai avuta, al lavoro in casa di riposo ci davano quelle chirurgiche, una per turno, con il consiglio di buttarle via dopo sei ore perché non “funzionavano” più. Delle famose Ffp2 e Ffp3 filtranti mai vista l’ombra. Solo quelle di tessuto non tessuto, appunto, che evita ai droplet di diffondersi nell’ambiente (quindi servono a chi è infetto) ma non filtrano il virus in entrata. Alcune colleghe operatrici sanitarie mi hanno detto che ora c’è molta carenza anche delle semplici chirurgiche (tengono su la stessa anche una settimana) e che le case di riposo hanno cominciato ad auto-prodursele in guardaroba, usando gli scampoli delle divise inutilizzate.
Devo procurarmi una mascherina, mi sa. Chiamo la farmacia. “Sì è vero, sono finite tutte venerdì. Diciassette euro per un pacco da dieci di chirurgiche, le Fftp non le teniamo, non prendiamo prenotazioni perché non sappiamo mai quando arrivano e nemmeno quanto costano, chiami tutti i giorni, è l’unico consiglio che le posso dare”; mi rispondono con estrema gentilezza.
Ok, allora si passa alla autoproduzione. Mi è stato girato cento volte il tutorial con la d’Urso che insegna come farle con la carta da forno (ma non era meglio la Benedetta Parodi?), ma non ne sono molto convinta. Che filtra la carta da forno? L’olio? Meglio, una mia amica usa i tappetini igienici per animali da compagnia, essendo di tessuto non tessuto. “Se chiami il negozio di animali te le porta a casa, anche con gli elastici, poi tu le devi montare, sono ottime”, mi consiglia.
“Guarda che il Bazar li sta facendo per mezza Medicina”, dice un altro contatto Facebook. Già, dovevo pensare subito a loro. Il Bazar è una bottega storica di via Libertà, merceria e molto di più, dove l’arte femminile del paese, dal ricamo alla sartoria, passa di lì. Dovevo saperlo che l’Attilia non sarebbe rimasta a guardare. “Sì sì, le stiamo facendo per tutti, da prima. Usiamo del cotone lavabile, nulla di omologato, ma almeno dopo va in lavatrice. Ne abbiamo fatte cinque per i vigili, per i parrucchieri prima che chiudessero, per i commessi di alcuni supermercati e per gli edicolanti che devono stare aperti. Ovviamente per molti privati cittadini, loro li facciamo pagare però, 4 euro l’una. Come avviene la trattativa? Ah niente, mi telefonano, io confeziono, e poi le lascio nella mia buchetta delle lettere, tanto abito in centro, tutti sanno dove. Quante te ne servono, cara? Due? Per te e tua madre? Ok, faccio subito!”.

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