Diabete, ne soffre il 6% dei romagnoli. In crescita tra i giovani

In Italia 3,5 milioni di persone convivono con il diabete, il 6% della popolazione romagnola ne è affetto. Nel 90% dei casi si tratta di diabete di tipo 2, quello tipico dell’adulto. Il problema, però, è che l’incidenza di questa malattia sta aumentando rapidamente, specie nella popolazione giovanile. «Numeri che in realtà sono molto più alti, se si considera che molte persone prima di manifestare la malattia sono asintomatiche per diverso tempo – rivela il direttore dell’Unità operativa di Endocrinologia e Malattie metaboliche dell’ospedale Morgagni-Pierantoni di Forlì, Maurizio Nizzoli -. L’incidenza è in evidente aumento, per questo parliamo di pandemia di diabete. Questa malattia è la quarta causa di morte in Europa proprio perché il diabete aumenta il rischio di andare incontro a determinate patologie che a loro volta possono causare gravi complicanze, specialmente dal punto di vista cardiovascolare».
Sono oltre il 60% i pazienti con più di 65 anni, ma è altrettanto vero che negli ultimi tempi si fanno diagnosi di diabete di tipo 2 anche nella popolazione più giovane. «Sempre più frequentemente abbiamo pazienti giovani, soprattutto nella fascia di età dai 20 ai 30 anni – prosegue Nizzoli -. Del 6% di diagnosi di diabete, solamente nel 10% dei casi si tratta di diabeti di tipo 1, quello giovanile che compare durante l’infanzia come forma autoimmune e che necessita di terapie insuliniche. Patologia oggi che fortunatamente si conosce e di cui non si prova vergogna nel dichiararla». I fattori di rischio principali sono l’obesità è il sovrappeso. «Oltre il 70% dei pazienti affetti da diabete sono obesi – spiega il direttore dell’Unità operativa del Morgagni-Pierantoni -, in questo gioca un ruolo anche la componente socio-economica. Infatti, le persone con basso reddito hanno più difficoltà ad osservare un regime alimentare corretto. Per questo il primo consiglio che mi sento di dare è fare attenzione al sovrappeso e all’alimentazione sin dall’infanzia. Prima di tutto la prevenzione e soprattutto bisogna contrastare la sedentarietà, fenomeno che nei giovani è sempre più frequente: i ragazzi non si muovono. Una volta che la malattia si è manifestata, occorre comunque seguire uno stile di vita sano perché questo può aiutare a rallentare l’insorgere di eventuali complicanze”»

Avere il diabete, oggi, equivale ad una remissione di vita che varia dai 5 ai 7 anni, in quanto potrebbero insorgere complicanze che vanno ad impattare negativamente sulla qualità della vita delle persone. Nel frattempo però la malattia stessa negli anni è mutata. «Il diabete è cambiato perché l’incidenza della malattia tra la popolazione è cresciuta – conclude Nizzoli -. A ciò si aggiunge il fatto che è subentrata la tecnologia, ne sono un esempio gli infusori di insulina, che ha impattato molto sui pazienti ma anche sui medici che si sono dovuti aggiornare. Curare il diabete è possibile, purché ci sia un’ottima alleanza tra medico e paziente. Così come nel 2023 è possibile condurre una vita “normale”, lo dimostrano i tanti ragazzi che si sono distinti in campo sportivo e sotto il profilo professionale. Tanto si deve all’enorme contributo dell’associazione Diabete Romagna che da anni si impegna a sensibilizzare la popolazione su questa malattia ed aiutare chi ne è affetto, per non lasciarlo solo ad affrontare gli ostacoli che questa patologia può imporre».

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