Dewey Dell al Comandini di Cesena per "Circolo"

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Al teatro Comandini di Cesena prende il via il primo fine settimana di “Circolo” di Chiara Comandini e Vito Matera. Oggi e domani dalle 17 alle 23, si alternano incontri e performance musicali. Oggi alle 17 Piero Boitani filologo e critico letterario interviene sulla tragedia, in “Riconoscimenti: il caso di Oreste, Elettra, e Amleto”. Alle 22 concerto di Dan Kinzelman fra sassofono e paesaggi sonori. Domenica alle 17 l’entomologo Paolo Fontana parla di rigore e senso delle api in “Dal culto della grande madre alla dea-ape”. Alle 19 prima di “Stabat mater” di Jacopone da Todi, azione per due voci e chitarra elettrica di Chiara Guidi, Giuseppe Ielasi, Vito Matera, Anna Laura Penna e Francesco Dell’Accio. Un progetto speciale stasera alle 21, è I’ll do, I’ll do, I’ll do, performance che riporta al Comandini la compagnia di danza e teatro Dewey Dell di Teodora, Demetrio, Agata Castellucci. Questo lavoro arriva 15 anni dopo da “À elle vide” (maggio 2007), sorprendente esordio al Petrella di Longiano. Quegli adolescenti di allora sono ora trentenni e pure genitori, di nuovo insieme nel Comandini in cui sono cresciuti, dopo aver portato avanti il lavoro artistico vivendo chi a Berlino, chi a Vilnius, chi sempre a Cesena.

Ci spieghi Teodora a cosa si deve la creazione che esegue in solo.

«Nasce come ricerca su di un movimento nato precedentemente per “Hamlet” che abbiamo presentato a Forlì in ottobre. Il titolo è preso da una frase delle streghe in “Macbeth” di Shakespeare”: lo farò, lo farò lo farò».

È un’affermazione positiva, mentre il movimento che esegue è di negazione, perché?

«La performance è una danza esplorativa di tutte le sfumature del no. È un gesto antichissimo il no con cui, chi guarda, può relazionarsi. Perché è un movimento che crea movimento, sollecita a muoversi mentre lo si guarda ma, allo stesso tempo, inganna la visione spingendo a vedere ciò che non c’è».

Cosa accade nella sua performance?

«Inizio a “viaggiare”; sono davanti al pubblico ma eseguo un gesto che mi permette di andare altrove. Dalla possibilità che offre il gesto di negazione del “no” è derivata la nostra ricerca e lavoro. Che è breve, in quanto il movimento che lo caratterizza fisicamente non si sostiene troppo a lungo».

A cosa si devono le parole delle streghe shakespiriane?

«Agata ed io siamo state coinvolte nella creazione coreografica dell’opera “Macbeth” di Verdi, per il teatro tedesco di Essen, nell’estate 2023, diretta da Emily Hehl (1999). Musicalmente il tema delle streghe è quello forse più orecchiabile, ma noi abbiamo sentito il bisogno di avvicinarci dal nostro punto di vista, compiendo un affondo sulla figura femminile legata alla magia, con un preciso movimento. La figura in scena svela simboli femminili di terra e fertilità che si riconducono alla figura della strega. Ce lo fanno capire i testi di Carlo Ginzburg come nel medioevo si parlasse di “un volo in spirito” delle streghe, cioè di un’estasi che è un volo dell’anima, un viaggio lontano dal presente».

Quindici anni dopo a cosa guardano i Dewey Dell?

«La metamorfosi ci ha portato a cambiare la modalità di presentare le idee; se prima attraverso l’aspetto estetico raggiungevamo un pensiero, oggi abbiamo bisogno di un pensiero forte che ci permetta di modificare una certa estetica, per farci sorprendere in un modo nuovo, destabilizzarci e da lì ricominciare. In aprile 2023 debuttiamo alla Triennale di Milano con “La sagra della primavera”».

Info: 0547 25566

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