Denti del giudizio: l’estrazione non è sempre la soluzione migliore

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«Una delle maggiori cause di contenziosità in ambito odontoiatrico è il dente del giudizio inferiore – racconta il medico dentista Carlo Landi, attivo sul Ravennate – in quanto qualche volta la sua estrazione può produrre danni. Può capitare, quindi, che venga coinvolto il medico legale».

È ormai un ventennio che il trend sull’estrazione dei denti del giudizio si è invertito: «Fino agli anni 2000 si tendeva a estrarre i denti del giudizio a scopo preventivo, perché si era convinti che fossero sempre causa di malocclusione e di sovraffollamento dentario. Questa tesi è stata soggetta a revisione, perché ci sono svariati casi, in cui queste problematiche persistono anche in assenza dei denti del giudizio».

Esiste una grande variabilità rispetto alla loro comparsa: «Sono detti “terzi molari” e anche “ottavi”; di solito sono 4, ma possono comparirne solo due, più spesso quelli inferiori; altre volte invece sono in sovrannumero. Può capitare, infatti, specie nell’emiarcata superiore, che sia presente anche un quarto molare, cioè un nono dente».

Tra i danni maggiori che un’estrazione può produrre c’è la lesione del nervo alveolare inferiore: «Si tratta di un nervo che passa nello spessore della mandibola al di sotto di molari e premolari, che se lesionato è soggetto a danni reversibili o, addirittura, irreversibili se viene reciso, producendo un formicolio simile a quello dell’anestesia e inoltre dolore alla mandibola, al labbro e al mento e talvolta con è causa di difficoltà ad alimentarsi, a parlare. Un altro danno meno comune è la lesione al nervo linguale».

Questi molari spuntano generalmente tra i 18 e i 25 anni: «Sono il retaggio dei nostri antenati che ne avevano bisogno per masticare carne cruda e radici. Sono diventati sempre meno utili, ma continuano a spuntare sebbene abbiano diminuito la loro funzionalità. Molte volte creano difficoltà, perché nel corso dell’evoluzione è aumentata la superficie del cranio per far spazio a un cervello sempre più sviluppato, a spese delle ossa mascellari e mandibolari che si sono ridotte e che contengono a fatica questi denti che a volte crescono in maniera inclinata o orizzontale, invece che verticale, spingendo sui molari accanto o rimanendo all’interno dell’osso».

Sebbene si ricorra meno all’estrazione chirurgica i denti del giudizio vanno tenuti sotto controllo: «Quando c’è una discrepanza tra il volume dei denti e lo spazio a disposizione può verificarsi una pericoronarite, ossia un’infiammazione dei tessuti molli mucogengivali intorno alla corona che può scaturire in un’infezione o in un ascesso con dolore, tumefazione, gonfiore, talvolta febbre e mal di testa. In alcuni casi si asporta solo il tessuto molle attorno alla corona».

Talvolta è difficile raggiungere il dente con il filo interdentale o detergere quello accanto: «Non di rado accade che oltre al dente del giudizio si debba estrarre anche il settimo dente per una carie che colpisce entrambi».

In presenza di malocclusione o di affollamento grave si prende in considerazione l’asportazione: «È spesso l’ortodontista a richiederne l’effettiva estrazione dopo uno studio cefalometrico. Alcuni specialisti scelgono di intercettare il dente del giudizio allo stadio germinale, nel periodo della pubertà, quando sono ancora lontani dai nervi alveolari, così da estrarli senza conseguenze, perché le radici non sono ancora formate».

I 25 anni di età rappresentano lo spartiacque, secondo le linee guida, per tentare un’estrazione complicata: «Sembrerebbe, infatti, che in questa fase della vita il dente vada incontro a una possibile ossificazione del legamento che renderebbe l’estrazione particolarmente complicata».

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