Denis Campitelli a San Mauro con "Pugni pesanti"

Archivio

“Pugni pesanti” stasera alle 21 sul palco del teatro sammaurese di Villa Torlonia; pesanti come quelli dei pugili, e come quelli della guerra. La metafora della vita a suon di pugni la racconta l’attore romagnolo Denis Campitelli, nell’anteprima da lui realizzata, con la regia di Alberto Grilli, “Pugni pesanti. Leve contro la guerra”. Su di un ipotetico ring allunga dritti, ganci, montanti, e fa sentire il suono di bombe frastornanti. Per raccontare una storia vera della Romagna di passione e di dolore.

Ci dica Campitelli, come è arrivato a questi pugni pesanti?

«Mi sono rifatto a una storia tutta romagnola. Ho letto un racconto-intervista del giornalista forlivese Flavio Dell’Amore, esperto di boxe, e mi sono appassionato. Racconta di Anselmo Mambelli contadino di Carpinello di Forlì, ma anche promessa della boxe negli anni Trenta. Nel 1940 parte per la guerra d’Africa, verrà imprigionato dopo la sconfitta di El Alamein e si troverà, da prigioniero, a combattere sul ring contro un tenente francese e un capitano inglese, battendoli. Riuscendo così a salvarsi. Tornerà a casa nel 1945, ma non sarà più lo stesso».

Come ha costruito questo racconto per il palcoscenico?

«Ho letto altre storie sulla boxe, come il saggio di Franco Ruffini “Teatro e boxe” (Il Mulino 1994), ma anche quello della statunitense Joyce Carol Oates “Sulla boxe” (1987) in cui scrive che questo sport può essere la metafora della vita, non della guerra. Poi ho chiesto aiuto ad Alberto Grilli del Teatro Due Mondi con cui collaboro da una decina d’anni, che mi ha seguito nella regia. Ho rivisitato il testo di Dell’Amore per il teatro, aggiungendo una scrittura a personaggi appena abbozzati, creandone sette, di regioni e inflessioni diverse».

Come riesce a interpretare un boxeur?

«Mi sono chiesto anch’io se fossi stato in grado di farlo. Avevo letto la biografia della nostra Simona Galassi di Forlì, ex campionessa mondiale di boxe, e le ho chiesto consiglio. Lei mi ha risposto: “Se vuoi raccontare la storia di un pugile, prima di tutto devi conoscere la boxe”. Così mi sono iscritto a un corso nella palestra cesenate dove insegna Simona. Da oltre un anno mi alleno con enorme entusiasmo».

Stasera ascolteremo un attore o vedremo un pugile?

«Mi auguro che il pubblico veda un attore abbastanza credibile anche come pugile. Ho imparato come muovermi in scena per dare un colpo, un gancio, un dritto, un montante, diciamo che la posso dare a bere. Ho imparato l’abc che interessa all’attore, tenendomi in forma. Certo che Galassi è così brava, sembra una ballerina della boxe. Per noi attori è importante vedere come si muove un corpo, lei è perfetta, mi incanta. Fra l’altro nel mio corso sono molte le donne; io però riesco solo a colpire la spalla, non so fare lo sparring, non riesco a colpire una persona sul volto».

Boxe e guerra, quale la morale?

«Come scrive Joyce Oates, in guerra devi fronteggiare un avversario che non è leale. Nella boxe ti confronti con un avversario alla pari, con il quale fai un viaggio sul ring. Fai delle finte, ma non sei falso, perché vince il più bravo. In guerra invece la falsità fa parte del gioco, l’obiettivo è distruggere l’avversario. Un fatto questo che il nostro Anselmo si portò sempre dentro. E che gli impedì di tornare sul ring. Come soldato ricevette anche la croce di ferro al valore, ma sapeva che quel riconoscimento era dovuto al fatto di avere ucciso dei giovani come lui».

Info: 370 3685093

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui