Delitto di Lido Adriano, ridotta la pena a Maila Conti

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Un anno fa era stata condannata dalla Corte d’Assise del Tribunale di Ravenna a 21 anni di reclusione per l’omicidio del compagno, Leonardo Politi, avvenuto in un chiosco di piadine di Lido Adriano nella notte tra il 12 e il 13 agosto 2019: lei, Maila Conti, aveva sempre ribadito di aver agito per legittima difesa nel corso di una lite che era scoppiata con il coniuge – l’ultima di una lunga serie costellata da aggressioni reciproche – e, dopo la condanna di primo grado, si era appellata al Tribunale di Bologna, che nello scorso febbraio le aveva accordato uno sconto di pena di 5 anni, riqualificando l’accusa nei suoi confronti da omicidio volontario a omicidio preterintenzionale. Un risultato che ancora non soddisfa appieno uno dei due avvocati della donna, Carlo Benini (affiancato dalla collega Wally Salvagnini), che promette di ricorrere in Cassazione per tentare di ottenere che venga riconosciuta la tesi difensiva della legittima difesa (o, in subordine, dell’eccesso colposo di legittima difesa) considerando inoltre «eccessiva» anche la condanna per omicidio preterintenzionale.

Una condanna le cui motivazioni sono state appena pubblicate, permettendo di ricostruire il ragionamento seguito dalla Corte d’Appello. Tutto si gioca sul perché sia partito quel colpo, sferrato all’addome di Politi con un coltello da cucina a conclusione di un acceso litigio, nel quale la donna dichiarava di avere ricevuto dal compagno ubriaco anche diversi pugni. Eppure, per la Corte d’Assise di Ravenna, «la saldezza con cui l’arma era sta impugnata, la forza del colpo sferrato e la zona del corpo attinta» evidenziavano «la consapevole volontarietà dell’azione». La sentenza d’Appello cambia solo in parte le coordinate del delitto, rinnovando il mancato accoglimento della richiesta di assoluzione per legittima difesa: d’altronde, scrive la Corte della motivazione, già dopo le prime battute del litigio che sarebbe poi degenerato, la Conti «ha tranquillamente bevuto un limoncello sfogandosi con il barista per poi recarsi in piadineria» invece di chiedere immediatamente aiuto alle forze dell’ordine o ad altri che potessero darle man forte in una situazione che si era già fatta preoccupante. Insomma, per la Corte d’Appello di Bologna la donna «poteva facilmente fermare» Politi «colpendolo in zone non letali», ma non l’ha fatto. E, per quanto riguarda i minuti precedenti il delitto, la Corte evidenzia inoltre che, dal materiale probatorio agli atti, «l’imputata non ha mai avuto paura e tantomeno terrore del Politi quella sera» né risultava «vittima inerme» del compagno, anzi, era «sempre stata in grado di reagire a qualsivoglia sopruso». Per quanto riguarda la riqualificazione del reato a omicidio preterintenzionale, nella sentenza si afferma che «senza ombra di dubbio l’imputata ha intenzionalmente accoltellato Politi nella piena consapevolezza di poterlo ferire, ma non ha né previsto né accettato la possibilità che con la sua coltellata l’uomo potesse morire».

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