Decreto ingiuntivo al bar del tribunale di Ravenna per 100mila euro

Un’ingiunzione di pagamento da 100.800 euro, corrispondenti ai canoni d’affitto arretrati e non versati al Comune per la gestione del bar del tribunale. Nessuno sconto. Anzi. La cifra comprende pure le penali. Ecco la richiesta di Palazzo Merlato nei confronti della ditta individuale D&D, che dall’estate scorsa ha deciso di non riaprire più l’omonima caffetteria del palazzo di giustizia.

Il Comune, proprietario dell’immobile, rivendica poco più di due anni di affitto, per l’esattezza 25 mensilità, da febbraio del 2020 a marzo del 2022. In pratica, tutto il periodo più critico della pandemia, che a detta dei titolari dell’attività, Valeria De Caro e Giovanni Dibello, ha dato il colpo di grazia agli incassi, stravolgendo quanto prospettato al momento di presentare l’offerta per il bando. Manco a farlo apposta, il rinnovo della concessione era arrivato proprio nel 2020, affidando a loro la gestione del bar per altri 9 anni, fino al 2029. Poi è arrivata la pandemia; udienze rinviate, direttissime limitate allo stretto necessario, e la lenta ripresa, con i divieti imposti dalla necessità di evitare assembramenti. Il tutto condizionato ulteriormente dagli orari di apertura, fisiologicamente legati all’attività di una struttura con un flusso di utenza concentrato fondamentalmente nella prima metà della giornata.

Insomma, già da alcuni mesi, prima di decidere di chiudere, nelle vetrate del bar campeggiava un cartello nel quale si informava la clientela - composta da magistrati, forze dell’ordine, avvocati, personale amministrativo e pubblico - delle difficoltà nel sostenere il servizio. Il 30 marzo del 2022, la titolare della società, assistita dall’avvocato Nicola Montefiori, ha inviato una comunicazione via pec al Comune per proporre un piano di rientro sui canoni d’affitto arretrati e ridefinire presente e futuro dell’attività. A pesare, si faceva presente nella missiva, era l’ulteriore ridimensionamento degli incassi, tale da non riuscire a corrispondere nemmeno il 70 per cento del canone, come concesso dal giudice Pietro Baronio in sede civile, quantomeno fino alla fine dell’emergenza sanitaria. La controproposta del gestore di abbassare il canone a 750 mensili, tuttavia, non ha lasciato seguito a risposte da parte del Comune. Così il bar ha spento definitivamente le luci, lasciando aperta la strada delle carte bollate. E’ dello scorso dicembre la revoca della concessione. L’ultimo atto è il decreto ingiuntivo, contro il quale la difesa dei gestori promette di fare opposizione «in tutte le sedi civili e amministrative, facendo valere la risoluzione del contratto per giusta causa, ovvero l’impossibilità di continuare la gestione».

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