Danza, Stefania Tansini all'Arboreto di Mondaino

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Nella sua parte concettuale è nato durante il lookdown lo spettacolo che la coreografa e danzatrice piacentina Stefania Tansini, in residenza all’Arboreto di Mondaino, presenta oggi alle 18. Una prova aperta che già profuma di completezza perché fra 13 giorni debutta al “Festival RomaEuropa 2021”. Titolo “My body in solo” a sottolineare l’esperienza che mette a nudo l’interiorità dell’esistenza attraverso il movimento. In solo perché il lavoro avrà a seguire un gemello, “My Body My Space” dove a danzare sarà un trio.

Come ci spiega è un unico progetto diviso in due parti, per indagare sugli stessi principi, prima in solitudine poi in relazione con l’altro, le domande poste le stesse ma vengono traslate in una differente relazione. Principi che ricordano la filosofia cartesiana, richiamando l’attenzione sul corpo che attesta il nostro esistere e che invita a chiederci cosa facciamo qui, un corpo di cui dobbiamo accettare fragilità e precarietà che ci parla e dobbiamo ascoltarlo. Nel suo percorso autoriale la Tansini continua la personale ricerca sul corpo e sul movimento esplorando l’azione esistenziale insita nella presenza stessa della nostra materialità. Una ricerca ben chiara fin dagli esordi, avviata nel 2014 quando si è diplomata danzatrice alla Scuola D’Arte Drammatica Paolo Grassi e poi ha coltivato molteplici esperienze e collaborazioni con noti maestri danzatori e coreografi in un ricco percorso, lavorando tra i tanti con Dario Fo e Franca Rame, con Romeo Castellucci e coi Motus coi quali è tuttora in tournée con “Tutto brucia”.

Potrebbe spiegare la sua idea di ricerca sul corpo?

«Vivendo, facciamo esperienze che tratteniamo. Il corpo è come una spugna, assorbe esperienze da ogni accadimento e da queste ne è plasmato, modificato, per poi riproporle trasformate dalla propria individualità. È un dispositivo vivo che permette di entrare in relazione con noi stessi, con gli altri, con il mondo, restituendo una visione unica e singolare delle cose. È ricreare qualcosa che include il sé e il fuori da sé, qualcosa che gli appartiene profondamente. Il mio processo di ricerca parte dalla spremitura del corpo, per coglierne l’intima essenza attraverso un ascolto attento, paziente e profondo».

Ha ideato il nuovo spettacolo durante la chiusura causata dalla pandemia, quali spunti le ha offerto?

«Sì è nato durante quel periodo come una necessità vitale. Tutto è partito da una accettazione disarmata dell’essere fragili, precari, rispecchiando le sensazioni avvertire dal nostro corpo perché alla fine passa tutto da lì e l’inizio del lavoro è stato proprio partendo dalla domanda: cosa facciamo qui?».

Racconti lo spettacolo in poche parole.

«Un’esperienza solistica che va a toccare in modo visibile e sensibile territori collettivi come il respiro e il corpo. Un incontro diretto e intimo tra me e il pubblico che mi osserva e mi ascolta».

Cosa c’è sul palco?

«Tre luci sottolineano la profondità di uno spazio metà nero e metà oro. Un suono che accoglie l’ingresso del pubblico».

Lei insiste sull’importanza delle relazioni, perché?

«Perché come afferma Jung, l’individuo non è solo un essere singolo e separato ma per la sua stessa esistenza presuppone una relazione collettiva, quindi il processo di individuazione deve portare a relazioni collettive più intense e ampie e non all’isolamento. Non si esiste come entità autonoma, l’espressione individuale è il risultato di quello che ci spinge all’incontro con l’altro, il mondo, le cose».

Quale ruolo ha la danza e nel narrare questi concetti?

«Nella danza un corpo non esprime il mondo ma quello che lui sa sul mondo, la percezione che ha dello stesso. Mi interessa raccontare come e cosa si trasforma nel corpo quando ci relazioniamo, il modo in cui si pone nei confronti di quello che accade, questo è il cuore della mia ricerca. Solo successivamente mi soffermo sulla tecnica».

Ad ogni creazione si chiede dunque quale corpo vuole portare in scena?

«Lavorare col corpo e sul corpo è affascinante perché non si riesce a vedere una fine, c’è sempre una materia su cui lavorare. Il movimento è il desiderio del corpo di risponde a ciò che gli accade. La determinazione a essere veri e sinceri, traslata nel movimento, è quello che mi interessa».

Info 0541 624003; 331 9191041

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