Danza contemporanea, Pokemon Crew al Bonci di Cesena

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Il teatro Bonci di Cesena si prepara al nuovo anno con uno spettacolo eccitante e coinvolgente, ritmato da modernissima danza hip hop incastonata nel mondo del cinema in bianco e nero. La presentano i Pockemon Crew, compagnia francese di Lione diretta da Riyad Fghani (1979), che oggi e domani dalle 21 presenta “Ciak si gira!”. Sabato, a fine spettacolo (dopo le 22), brindisi nel foyer con il saluto dell’assessore Carlo Verona.

“Ciak si gira!” è da dieci anni un cavallo di battaglia di questo collettivo europeo di vertice internazionale, pluricampione del mondo nella battles e crew più vincente, versatile e creativa sia nell’hip hop, sia nella danza tutta. In scena, otto spettacolari danzatori guidati dalla fantasia, dal rigore, dalla maestria del coreografo Riyad Fhgani. Lo show è stato presentato in tanti teatri del mondo e italiani; è un omaggio al cinema musicale degli anni ’30 e ’40, alla golden age hollywoodiana delle commedie in bianco e nero che facevano sognare con Fred Astaire e Gene Kelly diretti da Vincent Minelli e Stanley Donen.

Venticinque anni

In oltre 25 anni, la compagnia ha saputo valorizzare la danza di strada arrivando a livelli di alta professionalità. La Pokemon Crew continua a partecipare ai contest del genere, ma nel frattempo è entrata nei teatri prestigiosi, in virtù di un’evoluzione che il coreografo fondatore ha sempre spinto e sviluppato in modo collettivo. Il salto è avvenuto quando il sedicenne Fghani si trasferì, dalla piccola Chalon-sur-Saône in Borgogna, nella più grande Lione, città importante per la danza; dove si svolge la Biennale de la Danse alla quale Riyad fu invitato sin dal 1998.

Fghani, perché avete pensato al vecchio cinema per creare uno spettacolo basato sull’hip-hop?

«La peculiarità di Ciak si gira! è di essere stato creato proprio a partire da video d’archivio scovati su Internet. Negli anni ‘20 e ‘30 le commedie musicali a Broadway o a Los Angeles mescolavano più generi: circo, danza, burlesque, ma vi abbiamo trovato anche movimenti di danza hip-hop».

Street dance e hip hop appartengono a una cultura americana. La Francia è comunque fra i maggiori produttori di ballerini di hip hop nei diversi stili. Perché, fra i molti paesi europei, proprio la Francia?

«Direi per due ragioni; sul fronte sociale, i problemi di delinquenza e droga degli Stati Uniti sono analoghi a quelli delle banlieues francesi che si sono pertanto ritrovate nella cultura hip-hop americana, adottandola “in salsa francese”. Sul fronte artistico, in Francia la cultura hip-hop era tenuta in secondo piano: normale era danzare in strada, ma non in teatro. I danzatori francesi hanno raccolto la sfida, concentrato le energie per comprendere anche i codici del teatro e della danza classica, e sviluppare l’hip-hop per ballare nei teatri. Ci sono voluti molti anni, ma la danza hip-hop francese ha vinto la sfida».

Da adolescente si è trasferito a Lione; cosa ha aggiunto la grande città al suo hip-hop rispetto alla provincia?

«Arrivato a Lyon, ho scoperto centinaia di danzatori hip-hop: nella mia città eravamo cinque o sei. Ciò mi ha permesso di condividere e sviluppare questa passione comune. Più una città è grande, e più incontri si possono fare. Poter contare su un centro importante per la danza inoltre, ci ha permesso di evolverci».

Perché il nome Pockemon?

«Lo ha scelto uno dei più giovani della compagnia, fan di quella serie animata giapponese, noi eravamo la generazione Dragon Ball. Scegliemmo il nome Pockemon per una competizione e vincemmo quella gara. Da allora in Francia hanno iniziato a chiamarci i Pockemon...».

Quali sono i suoi progetti per sviluppare la compagnia in modo distintivo?

«Prima di tutto bisogna far evolvere i danzatori, pertanto la formazione è un punto imprescindibile. Le altre crew fanno casting e scelgono professionisti, noi sviluppiamo personaggi e caratteri, per fare questo cerchiamo di affinare la formazione e lo stile dei danzatori facendoli crescere nella compagnia. Gli altri li vogliono già pronti, noi creiamo danzatori».

Conosce l’hip-hop italiano? Come le sembra?

«L’hip-hop italiano è di alto livello solo che, rispetto alla Francia, i danzatori sono una minoranza e hanno più difficoltà a esprimersi ed esibirsi, mi ricordano quando vivevo nella mia piccola città d’origine. Ma il livello dell’hip-hop è alto e con il tempo otterrà la visibilità che merita».

Da 31 a 15 euro. Info: 0547 355959

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