In Romagna danni all'agricoltura e incidenti causati dai cinghiali

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Cinghiali, grandine e siccità. Sono solo alcuni degli elementi che possono condizionare negativamente la resa di campi e frutteti. Agricoltura, prodotti agricoli, «che sono cibo, non bisogna dimenticarlo», sottolinea Giulio Federici, dal primo giugno direttore di Coldiretti di Forlì-Cesena e Rimini, che vede nell’Emilia Romagna del post pandemia una terra orientata al riavvicinamento alla natura e alla materia prima. Cereali, frutta e verdura il cui approdo sulla tavola degli italiani è messo a repentaglio, oltre che dai fattori climatici, anche dalle incursioni degli animali selvatici. La presenza sul territorio regionale di cinghiali, caprioli e daini è testimoniata in primis dal numero degli incidenti stradali causati dagli “ungulati” che si verificano ogni anno in Emilia Romagna: circa 800, e a detenere il primato in Romagna è la provincia di Forlì-Cesena che nel 2018, (a cui risalgono gli ultimi dati aggiornati) ha registrato 80 incidenti. A Rimini, gli incidenti ammontano a invece a 55 causati prevalentemente da caprioli e cinghiali. A confermare la presenza dei selvatici sul territorio sono però anche i «danni ai raccolti causati dagli animali che divorano ortaggi e uva nei vigneti - spiega il direttore di Coldiretti - dagli attacchi al bestiame, e anche dal depauperamento dei prodotti del sottobosco, tra cui tartufi, funghi e castagne». La costante crescita della fauna selvatica, principalmente cinghiali, preoccupa infatti anche le autorità. È di mercoledì l’approvazione da parte dell’Assemblea legislativa regionale dell’ordine del giorno proposto, tra gli altri, dal consigliere leghista forlivese Massimiliano Pompignoli in cui la Regione si assume l’impegno di farsi promotrice al Governo di nuove normative per agevolare il contenimento degli animali selvatici. «L’alta concentrazione di cinghiali - spiega Federici - crea una varietà di problemi, dai danni ai raccolti e alle colture, ai pericoli concreti per l’incolumità pubblica». Sempre più spesso, infatti, i cinghiali si spingono sulle strade e nei centri abitati, ben oltre i confini dei boschi. E’ un effetto indiretto del cambiamento climatico: non trovando più cibo a sufficienza nel loro habitat, gli animali sono costretti a spingersi "oltre". «Ma anche di politiche di gestione e contenimento fauna sinora rivelatesi poco incisive» aggiunge Federici.

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