Daniele Maggioli con "I piedi nella sabbia" in concerto all'Hobo's

«Con i piedi nella sabbia ho imparato a camminare, il sole in faccia mi confonde, sento una voce tra le onde, ma io faccio finta di sognare».

La voce che dal 19 maggio riecheggia con nuove sonorità è quella del cantautore riminese Daniele Maggioli con il suo nuovo album “I piedi nella sabbia”, uscito per l'etichetta Tsck Records. Un album, il settimo da solista, che si ascolta tutto d’un fiato: parte dalla memoria dell’artista per costruire un’atmosfera quasi onirica in cui passato e presente si confondono.

Maggioli, attraverso queste canzoni torna a raccontare della sua città. Come sono nate?

«Rimini in realtà c’è sempre stata e ne ero consapevole – spiega il cantautore –. Per chi è nato in provincia è normale inizialmente avere il desiderio di volersene liberare, guardando alle grandi metropoli dove tutto accade. Con il passare del tempo, complici anche la pandemia, la mia età e un maggiore realismo, mi sono però ritrovato a cantare del mio quartiere e di ciò che mi sta attorno. Ho intrapreso così un percorso di ricerca musicale che alla fine è stato benefico, perché mi ha portato a fare pace con la provincia e con le mie origini».

Negli ultimi anni si era avventurato nello studio di nuove sperimentazioni musicali elettroniche in cui il suono prendeva il sopravvento sulla parola. Ora invece torna protagonista.

«Sì, sono ritornato all’essenza voce e chitarra, e al cantautorato. Certi elementi scoperti durante la mia ricerca stilistica però rimangono, anche se in maniera meno marcata. Penso che l’aspetto più importante quando si fa musica sia trovare il proprio modo di raccontare il mondo ed essere coerenti con questo. Fare qualcosa che posso fare solo io, non perché sia qualcosa di rivoluzionario, ma perché mi rispecchia e mi appartiene».

Quali sono i temi che caratterizzano i brani?

«Le canzoni si affacciano sull’Adriatico ma non in maniera iperrealistica, ci sono anche contrasti e trasfigurazioni, come quando immagino un piazzale Kennedy riminese invaso dagli alieni. Ci sono poi molte suggestioni sensoriali che mi fanno ritrovare a sentire il profumo della piada con i piedi nella sabbia. Nella canzone “Il mio nome è niente (il lava vetri)” ho provato a osservare le cose dal punto di vista del protagonista e a descrivere come ci vede lui o vive le sue giornate».

Perché ha scelto “I piedi nella sabbia” per dare il titolo al disco?

«Sono partito dalle sensazioni, dai ricordi che si annidano nel corpo, dagli odori di questa provincia che – complice una pandemia – è diventata sia un rifugio, sia una gabbia. Sono cresciuto sul mare, e i miei piedi, da subito, come gambi di fiore, hanno attinto il proprio destino dalle sabbie adriatiche. E questa condizione primordiale di radicarsi in una spiaggia rovente o gelida, carezzevole o polverosa, reumatica o salubre, liberatoria o imprigionante, questa irrevocabile condizione può essere allo stesso tempo una radice, un privilegio, un destino di libertà o un esilio di provincia. Sabbie mobili o sabbie nobili, è qui che il mondo mi ha riportato».

La copertina dell’album è stata affidata nuovamente alla creazione grafica di Elena Tenti. Cosa rappresenta questo sodalizio?

«Ogni volta che finisco un disco lo mando a Elena, lei lo ascolta e poi lo rilegge in modo visivo. Credo sia un’artista che mi capisce a pieno e ho sempre fiducia di quello che saprà creare».

Ci sono date in vista?

«Sì, la prima sarà all’Hobo’s di Rimini il 25 maggio, poi ne seguiranno anche altre. Sul palco mi accompagnerà Marco Mantovani che ha suonato il pianoforte anche nel disco».

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