DammaD, il rapper cesenate che canta in dialetto

CESENA. «Ho detto alla mamma: faccio una canzone in dialetto! Lei mi ha risposto: vedrai che avrai successo». Siccome le mamme hanno sempre ragione, il successo per Damiano Dell’Amore, in arte DammaD, è arrivato di lì a poco. Il suo pezzo “In tlà mì Rumagna” dove «si mangia e si beve, e anche se si litiga si sta tutti insieme», è diventato un hit virale nei giorni di quarantena. Buona la prima dunque, e subito è arrivato il bis. Da pochi giorni sulle piattaforme digitali come Youtube è on line la novità “In tlà riviera” sound reggaeton che prepara all’estate, alla voglia di mare e di spiaggia. «Nella riviera c’è un gran odore di festa ma quest’anno è fatica, c’è ancora l’aria malata», canta DammaD in dialetto romagnolo.
Il mondo social decreterà se sarà o no un hit di questa “strana” estate. Al brano musicale seguirà un video appena girato a Cesenatico, ma ancora in lavorazione. A curare la direzione artistica del rapper è il batterista jazz Fabio Nobile, dei Jazz Inc. Nato a Cesena 23 anni fa, trasferitosi di recente a San Romano di Mercato Saraceno, madre insegnante di musica alle medie, padre chitarrista classico per passione, due sorelle maggiori diplomate al conservatorio Maderna, Diletta all’oboe, Désirée all’arpa, Damiano, il piccolo di casa, non poteva che respirare aria di musica. Lui però a melodia e accademie ha preferito l’improvvisazione da autodidatta rap/trap, condita con guizzo creativo, cantata in modalità romagnola, in un dialetto che dimostra di padroneggiare, cosa rara tra i ragazzi della sua generazione.
Al punto che dopo “In tlàmìRumagna”, anche Riccarda Casadei si è congratulata con il giovane rapper riconoscendogli la capacità di unire novità con tradizione.
Damiano, è stata la voglia di ribellione alle famiglia a farla optare per il trap, o la sua è una vera passione?
«Non saprei, mi piace la musica classica, mi piace anche quella tradizionale e celtica. L’interesse per il rap/trap viene, credo, dapassioni che mi accompagnano dai 10 anni, quelle per la break dance e per lo skateboard che mi hanno immerso nel mondo hip hop. La scelta rap è venuta di conseguenza, anche perché mi piacciono le rime».
Rap e trap sono in sintonia con la sua giovane età; cantare in dialetto invece rimanda a generazioni passate, da dove nasce la dimestichezza con la lingua romagnola?
«In famiglia parliamo frequentemente in dialetto, prima lo facevo anche coi nonni, ci piace, ci diverte, e anch’io l’ho assorbito».
Come è arrivata “In tlà riviera"?
«Subito dopo “In tlàmìRumagna”, non più di tre, quattro giorni dopo. Mi sentivo l’ispirazione, perché non sfruttarla, mi son detto. Il successo mi ha aperto un fan base “accanito”, ho circa 3 mila followers. Ho cercato di valorizzare la nostra romagnolità, ringrazio per questo la nostra lingua».
Come costruisce i suoi pezzi?
«Scrivo direttamente in dialetto, partendo dalla musica; sviluppo l’idea insieme ad amici produttori musicali che mi suggeriscono le basi più giuste. Sarebbe il mio sogno continuare, ma rimango coi piedi per terra».
Il folk romagnolo da anni cerca di fare convivere tradizione con innovazione, anche le sue canzoni tentano questa commistione?
«Cerco di unire il dialetto e i suoi modi di dire a una sonorità in voga adesso, ma credo si tratti di qualcosa di differente rispetto a ciò che sta facendo la musica romagnola, musica aggiungo che mi piace molto. Sono però sempre pronto a sperimentare e a misurarmi con proposte stimolanti».
Nel caso la musica non continuasse come desidera, ha un piano b?
«Cercarmi un lavoro, sono tecnico agrario e mi piace la campagna».

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