Davide Di Fabio, dalla Francescana il ritorno tra Riviera e Orizzonte

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Davide Di Fabio dopo 16 anni da braccio destro di Massimo Bottura, a 35 anni spicca il volo e si posa a metà strada fra le sue due famiglie, quella emiliana della Francescana, appunto, e quella di origine in Abruzzo, proprio sul confine fra la Romagna e le Marche. A Gabicce Monte, nel cuore della riserva del Monte San Bartolo, guiderà la cucina del ristorante Dalla Gioconda, rilevato due anni fa dal Ceo della maison Gucci Marco Bizzarri, avviato e condotto dal figlio di quest’ultimo, Stefano Bizzarri insieme alla sua compagna Allegra Tirotti Romanoff.

Davide, come è andata?

«Diciamo che è nato tutto in famiglia. Io ho lavorato con Massimo gli ultimi sedici anni, quando sono arrivato a Modena ero uscito da poco dalla scuola alberghiera, e lui con me è sempre stato molto premuroso. Qualche tempo fa gli dissi che dopo tanti anni avrei voluto avvicinarmi alla mia compagna, che è di Pesaro, e ai miei che stanno in Abruzzo. Subito non è successo nulla, ma qualche mese dopo, Massimo mi ha messo in contatto con Stefano Bizzarri. Con la sua famiglia, Bottura è in partnership da tempo per via di Osteria Gucci a Firenze, ma questo è un progetto autonomo. Sono andato, mi sono fatto raccontare la loro idea, l’ho trovata molto vicina alla mia filosofia... e poi a me piace molto la Romagna. Perché anche se lì per poco è ufficialmente già provincia di Pesaro, da quella terrazza si vede tutta la Romagna fino a Ravenna. Così a fine febbraio scorso mi sono staccato ufficialmente dalla Francescana e sono partito per Gabicce».

Ci racconta il nuovo progetto?

«Dalla Gioconda era nato negli anni Cinquanta credo come pizzeria, è stato sempre un ristorante, con quella vista incredibile. Ora è stato completamente ristrutturato a basso impatto ambientale, sfruttando la geotermia. Saremo completamente plastic free, e lo stesso chiederemo ai nostri fornitori; probabilmente saremo il primo ristorante in Italia con la certificazione Leed gold. Stefano Bizzarri, appassionato di vini e di natura, ha inoltre dato vita ad un orto coltivato secondo i criteri dell’agricoltura naturale di Fukuoka che sarà a uso delle cucine».

Ci parli del team.

«Siamo una squadra giovane. Stefano Bizzarri si occupa della parte più etica e di tutta la partita sulla sostenibilità. Allegra della parte estetica, arredamento e grafica, io sono in cucina e sarò affiancato da Alessandro Fabbrucci, che qui aveva già avviato un lavoro pazzesco e sono felicissimo che sia rimasto con noi. In sala ci sarà Alessio Di Iorio, anche lui ex della Francescana. Puntiamo ad aprire esattamente fra un mese: il 21 giugno».

Insomma, quando si dice ripartire...

«Ovviamente per me questi sedici anni in Francescana sono stati indimenticabili e bellissimi. Sono arrivato con Taka (Takaiko Kondo, l’altro sous chef di Bottura), eravamo in sette e avevamo una stella... Abbiamo vissuto tutta la crescita. Il distacco è una scelta difficile, però nell’ultimo anno e mezzo c’è stato il Covid che ha fermato tutto ed è stato un momento di quelli in cui dici o lo faccio adesso o non lo faccio mai più. In fondo è un po’ come quando alla Francescana ci sono arrivato. Facevo ancora l’alberghiero e sotto al banco trovai una rivista che parlava di Bottura e del suo ristorante, era il 2002 e aveva preso una stella. Rimasi affascinato. Uscito dalla scuola feci la stagione in riviera, ma mandai in giro anche il curriculum e lo inviai anche a Modena. Massimo mi chiamò un anno dopo. Adesso a distanza di sedici anni cercavo un posto bello sul mare e il destino e ancora Massimo, mi hanno portato a questo nuovo incontro».

Il menù è pronto? Che tipo di cucina farà?

«Il menù è praticamente pronto. La cosa più difficile dopo tanti anni è stata proprio trovare me stesso. Avevo cinquantamila idee, poi la settimana prima di andare a Gabicce, mio cugino si è sposato e l’ho aiutato col catering. Ho cominciato a lavorare sul mare e subito sono tornato indietro di vent’anni, così mi sono detto: devo ripartire da qua. Sono andato in pescheria ho fatto la spesa e ho proposto un menù al team. Lo hanno assaggiato e aldilà del fatto che è piaciuto, quello che volevo sentirmi dire è stato proprio questo: “Abbiamo visto te in questo menù”. Ci saranno un paio di piatti che già avevo fatto, ad esempio “Saluti da Rimini”, vera e propria estrazione di una catalana, con una battuta di scampetti e per decoro, csì per gioco, le riproduzioni delle cartoline di Cattelan dedicate alla città riprodotte su un’ostia commestibile. Per antipasto ci sarà un piatto che vuole essere un omaggio ai pescatori che escono all’alba e tornano la sera. Il mare non è un allevamento e ogni giorno ti dà quello che vuole, quindi il piatto cambierà anche giornalmente, e cambierà il suo prezzo. Si chiamerà “2.1”, che è l’area Fao dell’Adriatico, lo comporranno cinque o sei assaggi da condividere in un piatto di portata che sarà messo al centro del tavolo. Poi voglio riprendere una tradizione abruzzese: cuocere la pasta con quel che resta del brodetto di pesce. Utilizzo un formato di pasta che si chiama “Le Virtù” in omaggio al piatto che si faceva il primo di maggio in provincia di Teramo, quando le massaie ripulivano le credenze dalle rimanenze dell’inverno e le sposavano alle primizie. Il messaggio di quella ricetta per me è che le dispense non hanno bisogno di arrivare al primo maggio per essere pulite, ma la responsabilità di non sprecare il cibo è quotidiana. Quindi: sette tipi di pasta, con brodetto di pesce e una crema leggera di ceci che serviremo in una zuppiera, in fondo in Riviera si è sempre usato sporzionare al tavolo, è divertente».

E dalla tradizione romagnola?

«Ah, un piatto bellissimo. Ricordo quando ancora c’era Adler, una ditta di Cesenatico che confezionava le saraghine dentro i fusti rotondi di legno in una maniera perfettamente ordinata. Ricordo che si faceva una manifestazione alle Saline di Cervia e c’erano le signore che le mettevano ordinatamente una sull’altra. Il giornalista Davide Paolini diceva che “la saraghina è un’ idea di Romagna”. Una frase che ho sempre avuto in testa, ma non l’avevo mai contestualizzata. Allora una volta a Gabicce ho cercato le saraghine. Le ho marinate leggermente, le ho disposte bene come facevano quelle signore, poi le ho condite con cedro, limone, erba cipollina, olio al prezzemolo, caviale, accompagnandole con una ciotolina di squacquerone di San Patrigano montato, con un goccio di colatura alici e una cantarella. Diciamo che è un modo romagnolo per mangiare il caviale».

Il menù estivo Dalla Gioconda si chiamerà “Riviera”, e il pesce sarà il protagonista, ma con l’autunno si cambia prospettiva, si volteranno le spalle al mare e lo sguardo punterà ai monti, per il menù che diventa “Orizzonti”, arricchendosi anche di tartufi, cacciagione, frutti del bosco di cui l’entroterra di questo lembo a cavallo fra Romagna e Marche è ricchissimo. Del resto lo dice anche l’indirizzo: Dalla Gioconda è in via Dell’Orizzonte 2.

La ricetta di Davide di Fabio: Saluti da Rimini

Ingredienti per 4 persone
320 gr riso Vialone Nano

600 gr acqua di pomodoro

400 gr estratto di cetriolo e pomodoro verde

20 gr olio alla cipolla

20 gr olio al basilico

20 gr olio extra vergine di oliva varietà Intosso

Sale

Un limone

600 gr scampetti dell’Adriatico

4 cartoline commestibili serigrafate

Procedimento
Sgusciare gli scampi e tagliare la polpa a piccoli pezzi, condire con sale, poco olio intosso e scorza di limone. Conservare in frigo. Conservare le teste e i carapaci per altre preparazioni.

Tostare il riso a secco in una casseruola bassa, proseguire la cottura con l’acqua di pomodoro e un pizzico di sale. A 5 minuti dalla fine, completare la cottura con gli estratti e mantecare fuori dal fuoco con gli oli.

Adagiare sul fondo di un piatto il battuto di scampi, coprire con il riso e terminare il piatto con la cartolina Saluti da Rimini.

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