Da un’intolleranza alimentare a un’azienda leader nel bio e vegetal

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Da un’intolleranza alimentare nella culla a punto di riferimento internazionale nel mercato vegetale, bio e veg. Tutto in quella casa di famiglia nelle campagne santarcangiolesi trasformata nel tempo nella International Food Srl, azienda che esporta in tutti i continenti e chiude bilanci da milioni di euro in una crescita esponenziale ulteriormente amplificata dal periodo più buio per l’economia mondiale, quello del Covid. Ne è passata come si suol dire in gergo di acqua sotto i ponti da quella intuizione di Salvatore Gallo sul finire degli anni ’70 ed è il figlio 39enne Luca, l’amministratore delegato, a sfogliare pagine di storia lavorativa e domestica fra passato, presente e futuro.

Partiamo dal presente: cosa è International Food Srl?

«Un’azienda di famiglia specializzata nella produzione di alimentazione vegetale, per il 70% bio. In particolare di quelli che impropriamente vengono chiamati latti: latte di soia, di riso, di avena… A condurla siamo tre fratelli (con me ci sono Samuele, 44 anni, che si occupa del commerciale in special modo con l’estero, e Caterina, 36 anni, che cura la comunicazione e il marketing online su cui stiamo investendo molto) e nostra madre Mirvana, abbiamo 25 persone fra collaboratori e dipendenti diretti e chiuderemo il bilancio 2021 con un fatturato fra i 14 e i 15 milioni di euro, quasi cinque in più dei 10 di fine 2020».

Nonostante il Covid?

«La pandemia ha portato ancor più attenzione al tema della salute in un trend di mercato già in forte espansione per un certo tipo di prodotti e basta guardare gli scaffali dei supermercati per rendersi conto di quale sia lo sviluppo del settore».

In lockdown vi siete proiettati sulla vendita online?

«In realtà non abbiamo spinto particolarmente sull’e-commerce, abbiamo fatto un po’ di vendita su Internet ma poche cose. Anche perché c’era da pedalare. La pandemia è stata tosta, abbiamo avuto un aumento di lavoro e di fatturato importanti e solo grazie alle persone che lavorano con noi siamo riusciti a far fronte a tutti. I nostri dipendenti sono stati eccezionali nel riuscire a conciliare i bisogni domestici fra figli in didattica a distanza e nuovi bisogni con l’implemento della produzione e si sono dimostrati una famiglia allargata. Ha sofferto un po’ la nostra linea di distribuzione locale per i bar ribattezzata “Barista protagonista”, visto che sono stati chiusi, ma poi i due furgoni con cui serviamo le province di Rimini, Forlì-Cesena, Ravenna e San Marino hanno ricominciato a macinare chilometri e recuperato abbondantemente il terreno perduto».

Dove reperite le materie prime? E quali sono i principali canali di esportazione?

«Al 90% sono italiane e abbiamo un disciplinare interno certificato a mo’ di filiera: le mandorle sono siciliane, il riso pavese, farro e avena arrivano dalla Toscana, la soia da basso Veneto ed Emilia. Nei rari casi in cui ci rivolgiamo altrove, è solo su prodotti che nel nostro Paese non si trovano e per ricercare la qualità insuperabile: l’avena senza glutine migliore al mondo in Nord Europa e il cocco e il cacao brasiliani ad esempio. I mercati esteri che raggiungiamo sono invece tantissimi: esportiamo dall’Australia agli Stati Uniti, dal Cile e al Sudafrica, ma anche in Francia, Germania, Portogallo, Inghilterra e ovviamente serviamo gran parte dell’Italia».

Ora un salto nel futuro: cosa sta accadendo a Gatteo?

«A fine luglio abbiamo acquisito l’area dell’ex Arena e abbiamo iniziato i lavori di demolizione per poi costruire una struttura nuova in cui ampliare un po’ la nostra attività. Qui nella sede storica di Canonica facciamo infatti quasi esclusivamente bevande vegetali e vorremmo tornare a produrre tutti i prodotti che aveva lanciato papà: maionesi, creme spalmabili… per cui qui non abbiamo gli spazi. Puntiamo quindi su una struttura nuova e moderna».

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