Da sacrario ad auditorium: così con Muti risorge San Romualdo

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Sul fondo un semplice crocifisso e i marmi che celebrano i “figli eroi” caduti “nel nome d’Italia”. Su in alto l’affresco che riveste la cupola di piccola chiesa seicentesca. Giù, nel cuore della navata centrale, un involucro di tessuti ondulati disposti su un graticcio di luci, e pannelli trasparenti e alti tendaggi avvolge il basso palco che ospita i giovani musicisti dell’Orchestra Cherubini insieme ad alcuni dell’Istituto “Verdi”. Stanno “scaldando” gli strumenti mentre il pubblico prende posto – spiccano tra le poltrone i colori delle divise dei volontari, carabinieri e crocerossine... È così che la chiesa di San Romualdo, già Sacrario ai caduti di guerra, si apre a nuova vita, come spazio in pochi mesi ridisegnato e grazie a un accurato studio di acustica conquistato alla musica. Lo sottolinea lunedì con orgoglio il sindaco della città, Michele De Pascale: «Un luogo che tanto racconta della storia di Ravenna viene affidato ai sogni e alle speranze dei giovani musicisti e alla generosità del maestro Muti che da molti anni con caparbia dedizione si è assunto il compito della loro formazione».

E infatti è toccato proprio a Riccardo Muti, saggiare per tre giorni (28, 29 e 30) questa “sala prove” nuova e al tempo stesso carica di storia: «È un luogo che conosco da tanto tempo – si sofferma a ricordare Muti – fin dal mio arrivo a Ravenna, e dietro l’architettura spoglia e l’apparente freddezza ho sempre avuto la sensazione di un luogo carico di mistero e di un particolare calore, forse per quelle lapidi che ci parlano della generosità di tanti uomini morti anche per noi. Mi sembra naturale il suo approdo alla cultura e alla musica, che ritengo un segno di quella vitalità che ancora anima il nostro paese e che deve proiettarsi nella costruzione del futuro, attraverso e per i giovani».

Appunto a loro, ai giovani, è riservata la nuova veste di San Romualdo: allo studio e alle prove dell’Orchestra Cherubini nonché degli allievi dell’Istituto “Verdi” – ma anche ad altre realtà musicali del territorio – chiamati per questo “battesimo” a misurarsi con alcune pagine sinfoniche verdiane: quelle da Nabucco, Forza del destino e Giovanna d’Arco. E proprio al cospetto dei “caduti”, non si poteva fare scelta migliore: «Pagine di carattere rivoluzionario, battagliere – spiega Muti – simbolo di quel Verdi protagonista del Risorgimento e della formazione della nostra nazione, unita e indipendente».

Nessuna retorica, perché anche la più remota velatura si annulla, come sempre con Muti, nella musica, nel fare musica. Ancora una volta per il pubblico ravennate il privilegio di assistere a una prova, ai meccanismi che uniscono maestro e orchestra: come legare i suoni, come “portare” la frase, pulire gli attacchi, sistemare gli accenti, riflettere sul senso del singolo passaggio, sul significato che assume nel dramma che la sinfonia anticipa e riassume in sé... sembrano tanti dettagli, eppure sono il cuore dell’interpretazione musicale, analisi e tecnica e rispetto della partitura da cui infine scaturisce l’emozione dell’esecuzione. I giovani musicisti di nuovo si rivelano di straordinario valore, e l’acustica studiata apposta per loro sembra decisamente buona: nessun riverbero eppure un suono pieno.

«Quello della musica – non può che ripetere Muti – è un lavoro che richiede dedizione e sacrificio, e questi giovani sono un patrimonio del nostro Paese, non possiamo deluderli. È una questione culturale, ma prima di tutto sociale ed etica. Per questo da decenni continuo a battermi per loro e per il loro futuro, perché un musicista che non possa suonare è come un innamorato non corrisposto».

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