Da Gambettola la capo missione sulla Mare Jonio

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C’è anche la gambettolese Vanessa Guidi a bordo della Mare Jonio, la nave di Mediterranea Saving Human che in queste ore sta facendo rotta verso la Sicilia dopo aver atteso per un giorno e mezzo l’assegnazione di un porto sicuro di sbarco (PoS – Place of Safety) dal Centro di coordinamento del soccorso marittimo di Roma. Ieri nel primo pomeriggio, dopo aver atteso invano una risposta avevano annunciato che in serata, salvo indicazioni diverse sarebbero entrati nel primo porto siciliano utile. Le condizioni meteomarine ieri erano in peggioramento e a bordo della nave ci sono 92 persone, di cui una trentina di minori non accompagnati, «non meritano ulteriori sofferenze», spiega in un comunicato stampa Mediterranea. Un’attesa simile la sta vivendo anche Sea Watch che da 4 giorni attende di poter portare in salvo i 352 naufraghi che ha a bordo.

Soccorso e testimonianza

Quella in corso è la missione numero 12 per Mediterranea Saving Humans, è la seconda a cui partecipa Vanessa Guidi, che a bordo della Mare Jonio ricopre il ruolo di capo missione e medica di bordo. «Siamo tornati nel Mediterraneo Centrale - spiega Guidi - per svolgere attività di monitoraggio, testimonianza e denuncia delle violazioni dei diritti umani e ovviamente per prestare soccorso a imbarcazioni in “distress” che chiedono aiuto e che rischierebbero il naufragio».

I “contatti” con i libici

E le occasioni in cui si sono ritrovati loro malgrado testimoni di quelle violazioni non sono mancate: «Abbiamo visto la cosiddetta “guardia costiera” libica - denuncia Guidi - catturare e deportare nuovamente in Libia diverse persone che si trovavano su imbarcazioni in “distress”, quindi con motore in avaria che avevano lanciato segnali di aiuto». Anche Mediterranea, attraverso Alarm Phone, contatto di emergenza che supporta le operazioni di salvataggio, aveva offerto il suo aiuto, «avevamo offerto assistenza medica e un passaggio verso un porto sicuro, cosa che la Libia non è, come universalmente riconosciuto, ci hanno intimato di andarcene». Naufraghi che in quel caso non è stato possibile salvare dalla deportazione nei lager libici. In un caso la Mare Jonio è, invece, riuscita ad arrivare prima delle “guardia costiera” libica, «ma durante le operazioni di salvataggio le loro motovedette si sono avvicinate pericolosamente, rischiando di far precipitare la situazione e mettendo in ulteriore pericolo i naufraghi e le persone che stavano prestando soccorso».

La flotta civile

È un lavoro di squadra quello che le realtà come Mediterranea saving humans stanno svolgendo nel Mediterraneo centrale: «Anche in questa missione abbiamo potuto collaborare con le altre realtà che compongono la flotta civile che monitora queste acque. realtà come la Sea Watch e la barca a vela Imara. In particolare abbiamo partecipato a una operazione di soccorso coordinata da Sea Watch in cui sono state soccorse 85 persone, Imara ha invece stabilizzato una imbarcazione in distress monitorando che la situazione non precipitasse fino al nostro arrivo e in quel caso siamo riusciti a soccorrere 63 persone».

Le persone salvate

Sono complessivamente 92 le persone attualmente a bordo della Mare Jonio di questi una trentina sono minori, e c’è una donna, al loro arrivo, racconta Guidi, «le loro condizioni cliniche non erano ottimali, soprattutto quelli dell’ultimo salvataggio erano fortemente disidratati», a bordo sono riusciti a stabilizzare le loro condizioni, che ora «meritano di essere valutate in un contesto adeguato in Europa». «L’equipaggio è stato fenomenale durate tutta la missione - racconta Guidi -, sono molto orgogliosa dei soccorsi che abbiamo prestato, della collaborazione con la flotta civile». Un orgoglio che non cancella la frustrazione per quello a cui hanno dovuto assistere: «fa male sapere che sono i nostri governi a finanziare quelle che altro non sono che milizie addestrate per atteggiarsi a guardia costiera».

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