Da Faenza all'Ucraina per salvare la figlia: "Un mese passato in cantina"

Faenza

Ha portato in salvo a Faenza la figlia 12enne blindata da oltre un mese nelle cantine di Chernobaevka, paese a pochi chilometri da Kherson in Ucraina. Un paese ora sotto il dominio russo, crivellato dalle bombe, presidiato dagli uomini di Putin. Si chiama Iryna Rybka la mamma, residente e lavoratrice in città da una decina di anni, che ha fatto tutta da sola, dimostrando il coraggio di una leonessa disposta perfino ad immolarsi per la sua prole. E’ tornata da poche da ore da «un viaggio allucinante – racconta – dove ho visto e toccato con mano i drammi della guerra, le tragedie, le devastazioni. Dove ogni minuto puoi perdere la vita o vivere per sola fortuna, mentre uno ti muore accanto. La mia terra è irriconoscibile». La figlia Vlada abitava con il padre, l’ex marito dal quale Irina è separata. «Sono tra i pochi rimasti a Chernobaevka, dove i russi hanno preso posizione per via del vicino aeroporto di cui hanno bisogno per i rifornimenti. Tutti i giorni da lì partono missili verso Kherson e il Donbass. Il nemico è stato cacciato per almeno sette volte ma poi è sempre tornato, perché quella è una zona strategica dove infuriano cruente battaglie: ci troviamo a metà strada tra Mariupol e Odessa, a poca distanza dal fiume Dnepr, sulla riva destra. Qui i russi hanno accumulato truppe dalla Crimea. E’ un collo di bottiglia. Gli invasori hanno bisogno dell’aeroporto a Chernobaevka per i rifornimenti. Il mio ex marito non si può spostare perché ha la madre gravemente ammalata e oltretutto non può lasciare il paese. Lì ci sono anche i miei genitori, mio padre di 64 anni e mia madre di 58». Dopo un lungo viaggio ora Vlada è in salvo. «La situazione era diventata insostenibile: abbiamo deciso il tutto per tutto in due ore. E’ stato il mio ex cognato, fratello del mio ex marito ad accompagnare Vlada a Leopoli dove ci siamo dati appuntamento. Sono partita mentre loro lasciavano Chernobaevka ormai rasa al suolo. Io ho preso un volo per Cracovia, in Polonia, e da lì un pullman per Leopoli. Così sono arrivata alla stazione di Leopoli e li ho aspettati per quasi due giorni. Loro hanno dovuto superare 13 posti di blocco russi, nascondersi, rispettare i coprifuochi: hanno rischiato la vita prima di arrivare nella zona controllata dagli Ucraini, dove sono stati aiutati da un militare che li ha accompagnati. Io nel frattempo li attendevo alla stazione: ho dormito nel ginepraio di gente disperata, tra odori indescrivibili e una folla confusa, disorientata, ammucchiata, pericolosa, con poco cibo e acqua». A Leopoli madre e figlia si sono riabbracciate, hanno pianto e pregato, poi hanno viaggiato insieme per l’Italia, ancora in pullman stavolta gremito di gente che fuggiva «non come all’andata che era praticamente vuoto». Arrivati in Polonia hanno preso l’aereo a Wroclaw (Breslavia). Adesso sono entrambe a Faenza. Ieri hanno fatto il tampone per il Covid. «Adesso Vlada vivrà qui con me – conclude Iryna –: erano anni che cercavo di farla venire in Italia, ma non ero mai riuscita per via di pratiche burocratiche e difficoltà incomprensibili. Deve finire la scuola. Si iscriverà qui a Faenza».

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