Da Cesena a Leopoli: assistenza ai profughi con medici e farmaci - FOTOGALLERY

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Nella giornata di ieri i volontari cesenati che avevano lasciato l’Ucraina martedì sono tornati a casa. Sono il mercatese Damiano Censi e la cesenate Paola Zonzini e hanno fatto partecipa al secondo viaggio della missione “MEDcare x Ukraine” di Mediterranea Saving humans che ha come obiettivo quello di portare assistenza sanitaria di base alla popolazione civile. Il già lunghissimo viaggio di rientro ha dovuto fare i conti anche con la scrupolosità dei controlli alla frontiera. I volontari hanno dato passaggio sicuro verso l’Italia a due persone (un uomo e una donna) e le procedure di verifica per ottenere il via libera dalle autorità ucraine ha comportato 6 ore di attesa in frontiera. La missione MedCare Dopo le prime missioni “Safe passage”, Mediterranea ha evoluto con l’obiettivo di stabilizzarla, la propria presenza. Lo fa attraverso un ambulatorio mobile che i volontari hanno fatto arrivare a Leopoli nel primo dei viaggi della missione MEDcare e dove si alternano e si alterneranno nei prossimi mesi squadre di medici, infermieri, psicologi. In queste prime missioni il ruolo dei volontari dei nodi territoriali di Mediterranea è quello di accompagnare le equipe sanitarie, portare medicinali per rifornire l’ambulatorio, aiutare nell’inventariare tutto e nell’impostare il lavoro, compresa la gestione delle file. «Li aiutiamo anche nella gestione degli arrivi, questa volta ad esempio superare la frontiera ci ha richiesto più di 4 ore in entrata» racconta Damiano Censi, che ha già viaggiato diverse volte con Mediterranea in Ucraina. La città di Leopoli I volontari fanno base a Leopoli al Centro Don Bosco. In questi mesi di viaggi i volontari sono stati testimoni anche di come la città è cambiata. Ora che il conflitto si è fatto più intenso, che in alcune regioni dell’est la popolazione è stata costretta ad evacuare, Leopoli è tornata ad essere punto nevralgico d’accoglienza: «Viene percepita come un luogo sicuro - spiega Censi - e per questo oggi è di nuovo un centro tra i più importanti a livello nazionale. È una città molto attiva, dove la presenza dei profughi è sentita e per certi versi anche pesante, ma ad oggi non si respira una tensione negativa». I campi profughi Altra differenza rispetto a quanto visto nelle prime missioni di Mediterranea a Leopoli, sono i campi profughi allestiti dallo Stato nella città e organizzati con dei container. Nelle prime settimane l’ambulatorio mobile di Mediterranea si è diviso tra quello di Sykiv, gestito dai salesiani e la stazione di Leopoli. In questi giorni si stanno organizzando per essere presenti anche nei campi di Naukova, Noveilviv. A Sykiv, racconta Censi, «Vengono accolte 350 persone di cui 110 sono minori, sono tutte persone che vengono dalle regioni dell’Est. Nei nostri confronti sono stati tutti accoglienti, tutti, adulti e bambini, ci hanno aiutato come potevano». La vita nei campi non è semplice e a fare paura oltre alla guerra c’è l’inverno che incombe: «Ancora le sirene degli allarmi antiarei suonano continuamente - racconta Censi - Abbiamo sempre rispettato quell’avviso raggiungendo i rifugi antiaerei. In questi giorni c’era più tensione anche perché si avvicinava l’anniversario dell’indipendenza dell’Ucraina (ricorreva ieri, ndr). L’inverso sarà un problema per tutti, ma soprattutto per chi è ancora non ha trovato posto nei campi e dorme per strada» L’assistenza sanitaria A differenza dei volontari, il personale medico è ancora a Leopoli: «Torniamo il 30 - racconta Maria Gusmaroli, infermiera e portavoce della missione - Stiamo lavorando anche per organizzare la nostra presenza anche negli altri campi che ci hanno segnalato. In ciascuno ci sono circa 300 persone e un terzo sono bambini». Opereranno anche in stazione, «lì la situazione è più frenetica - spiega Eugenio Cavarzeran che insieme a Marco Cigana è uno dei due medici in turno per l’ambulatorio - le persone sono di passaggio, quindi si tratta di dare loro qualche consiglio più che di una vera e propria presa in carico». Di supporto non alternativi Il rapporto con il sistema sanitario nazionale è un elemento importante del lavoro di Mediterranea in Ucraina: «Il nostro intento non è sostituirci - spiega Cavarzeran - ma di essere di supporto, colmando le lacune di un sistema che la guerra ha messo in forte crisi, cercando di creare canali di comunicazione anche per capire come indirizzare le persone che si rivolgono a noi. Molte delle persone che abbiamo incontrato non vedono un medico da mesi, hanno malattie croniche e hanno bisogno di riprendere o aggiustare le terapie. Ci dicono che nel sistema sanitario c’è anche corruzione e molti ne stanno lontani perché sanno di non potersi permettere le mazzette. Capire come sia effettivamente la situazione e come possiamo contribuire noi è parte del lavoro che stiamo facendo in questi giorni, rapportandoci con altre associazioni e con le istituzioni».

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