Cura del cancro: a Rimini le migliori menti del settore

Rimini ombelico del mondo della lotta contro il cancro. Fra venerdì e domenica, il rinnovato Rockisland oramai prossimo all’inaugurazione ufficiale è stato infatti teatro di un “dialogo” fra oltre cento dei più importanti ricercatori mondiali, con dati inediti e non ancora pubblicati sul tumore attraverso cui porre le basi per una grande opera di prevenzione. Una sorta di biologia del domani.

Alla regia dell’evento ribattezzato “The many faces of cancer evolution”, due docenti universitari a loro volta ricercatori in genomica del cancro ed epigenetica: il riminese Luca Magnani dell’Imperial College London e Giovanni Ciriello, originario di Castelfranco Veneto con una cattedra all’Università di Losanna in Svizzera.

Come e perché nasce un appuntamento di tale portata?

«L’obiettivo di questi approfondimenti di altissimo livello è creare una conversazione, ascoltare prospettive diverse sui meccanismi che contribuiscono all’evoluzione del tumore: ci sono tante angolazioni da cui studiarlo e abbiamo cercato di mettere allo stesso tavolo i principali esperti a livello mondiale perché si confrontassero nella speranza nascano fra loro possibili collaborazioni a vantaggio della salute planetaria».

Quanti siete riusciti a portarne a Rimini?

«I partecipanti sono 150 e i relatori una ventina: solo per citarne alcuni, Dan Landau da New York, Alex Swarbrick dall’Australia, Leila Akkari dall’Olanda, Elisa Oricchio dalla Svizzera. Gioacchino Natoli dello Ieo di Veronesi e Andrea Sottoriva dello Human Technopole di Milano. Tutti hanno illustrato dati nuovi e non ancora pubblicati».

Perché Rimini?

«Conferenze come quella dello scorso week end sono in genere molto ingessate e questo non sempre favorisce un clima di scambio, l’idea del Rockisland è nata per cercare di mettere invece tutti a loro agio in un ambiente più informale e divertente: le amicizie spesso si fanno nei locali più che in altri posti e abbiamo riscontrato che l’ambiente è piaciuto molto e in effetti ha favorito la condivisione. Professionisti di livello mondiale in un format molto poco convenzionale hanno familiarizzato e per questo ringraziamo i titolari che hanno organizzato la tre giorni alla perfezione facendo divertire i partecipanti e la Embo che ci ha aiutato e sostenuto rendendo possibile l’evento».

Bilancio positivo dunque. E da un punto di vista medico che spunti sono emersi?

«Siamo molto soddisfatti di quello che è il primo appuntamento organizzato in prima persona. C’è un circuito di conferenze come queste, ma sono sempre dominate dagli americani, noi abbiamo cercato di valorizzare molto l’Europa e di puntare su giovani ricercatori di alto livello, pur avendo ospiti da tutto il mondo di ogni età. Questo anche per dare un esempio positivo: il 30% dei partecipanti è infatti italiano e nel nostro Paese i giovani non sempre vengono coinvolti in eventi così: qui hanno vissuto fra persone affermate molto disponibili e questo può essere uno stimolo per la loro carriera. Per quanto riguarda i contenuti, sono emersi risultati complementari da prospettive diverse che ci aiutano a comprendere e sempre più a predire come si sviluppa ed “evolve” un tumore. L’utilizzo di queste conoscenze per migliorare il trattamento della malattia è a volte più immediato a volte più a lungo termine, ma è solo comprendendo oggi la biologia del cancro che potremo domani migliorarne la cura».

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