Virginia Woolf e le altre: che scrittrici!

Cultura

RIMINI. La sfida lanciata dal direttore del Corriere Romagna è di quelle insidiose: perché dire quali siano i libri della mia vita è come dire «accomodatevi, sbirciate pure dal buco della serratura». Anche perché gli incontri con i libri succede siano come gli incontri d’amore: capita che l’innamoramento sia fulmineo, per poi rivelarsi un fuoco fatuo, oppure capace di durare nel tempo. Di certo c’è sempre una fiamma che si accende.
La mia vita di lettrice, andando a ritroso, la vedo dapprima “accesa” dai grandi autori mitteleuropei. Due nomi in cima alla lista: Joseph Roth prima, Thomas Bernhard poi. Incontri ai quali non mi portarono gli studi scolastici, per quanto l’essermi diplomata in lingue abbia certo avuto un ruolo (ma poi la mia vita “pendolerà” dalla passione per il tedesco all’inglese). Ma che certamente mi hanno dato un imprinting letterario a dir poco potente: una prosa pazzesca, tematiche universali, ripresi in mano oggi mi rendo conto di quanto ne abbia “interiorizzato” se non altro il ritmo della scrittura, quanto abbiano formato un gusto letterario che ancora non mi abbandona. Poi sono e sono stata lettrice onnivora. Ma le origini sono lì. All’incrocio con la storia della Mitteleuropa. Autori che volevano dire soprattutto una casa editrice, Adelphi: li riprendo in mano e scopro che, di Roth, la copertina più consumata è quella de La cripta dei cappuccini. Apro sul finale: «L’alba spuntava su quelle croci totalmente estranee. Trascorreva un vento leggero e faceva dondolare i vecchi lampioni che ancora non si erano spenti, non questa notte. Camminavo per strade deserte, con un cane sconosciuto. Era deciso a seguirmi. Dove? – Io ne sapevo quanto lui».
Thomas Bernhard, Il respiro: «L’artista, e soprattutto lo scrittore, così avevo sentito dire dal nonno, ha addirittura l’obbligo di farsi ricoverare di tanto in tanto in ospedale, e poco importa se questo ospedale è un ospedale vero e proprio o una prigione o un convento».
La fiamma si è di nuovo accesa trasmigrando dalla letteratura tedesca a quella anglo-americana. E qui facendo la sponda tra Usa e Inghilterra, c’è un autore che a un certo punto mi si è imposto: Henry James. Con Ritratto di signora – a cui sono arrivata dopo la trasposizione cinematografica di Jane Campion con Nicole Kidman (1996) – e poi il più “contenuto” Washington Square, anche qui un Portait of a Lady, ma in miniatura.
Di grandi personaggi femminili è piena la letteratura. E qui i miei innamoramenti sono andati immediatamente alla inquieta Madame Bovary di Flaubert, e di nuovo a tenere acceso il fuoco è stato complice un film: la trasposizione con Isabel Huppert di Chabrol (1991).
Essere quindi approdata ai flussi di coscienza della “regina” Virginia Woolf in età più matura mi ha portata a elevarla a somma passione. Con Gita al faro, con Mrs Dalloway, per arrivare a quello che un romanzo non è ma che quanto sarebbe bello vederlo letto nelle scuole: Una stanza tutta per sé.
Concludo restando davanti al mio scaffale “al femminile”, creato con l’intenzione di farlo lievitare sempre più. Perché è bene, anche in letteratura, scoprire le voci delle autrici. In primo piano una scoperta: Annie Ernaux. Ora, la sua è una autobiografia disseminata in più romanzi, una reinvenzione della scrittura autobiografica. L’ultimo è L’evento, dove da anatomopatologa della scrittura affronta l’aborto cui era ricorsa in gioventù, ma la mia preferenza va a Memoria di ragazza. Per continuare su questa scia, nella mia lista ci metto Maternità di Sheila Heti, una che ha avuto il coraggio di affrontare di petto il tema di cui al titolo rivoltandolo come un calzino. Rimando poi a I racconti delle donne di Annalena Benini dove tra autrici del passato e viventi, sia italiane che straniere, ci trovate proprio un bellissimo panorama.

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