“Nostos”: i venti di Spinosi vivono di vita propria a Cattolica

Cultura

Nostos è il titolo della mostra tematica e antologica dell’artista Graziano Spinosi, inaugurata il 30 settembre nella galleria Santa Croce al Museo della Regina e curata da Milena Becci. Per un percorso che si dipana attraverso le sezioni del museo dedicate alla marineria e all’archeologia ponendosi in dialogo con i temi espressi da questo contenitore.

«Ho cercato di interpretare il carattere di sei venti del Mediterraneo, è stato un viaggio effervescente – racconta Spinosi, professore dell’Accademia di belle arti di Ravenna, dove dal 1994 insegna Ricerca artistica contemporanea –. Ho lavorato sui venti per tutta l’estate, da quando Milena Becci mi ha invitato a realizzare questa esposizione. I venti con il loro carattere e aspetto simbolico modificano il nostro atteggiamento, scompaginano, sollevano polvere, pensieri».

Ecco dunque i refoli che sotto le mani dell’artista prendono forma e da intangibili diventano e si fanno materia e colore, per diventare subito altro: «Scirocco è un vento che si esprime a raffiche e porta la sabbia dalla Siria fin qui. Un’oasi di montagna che si trova nel deserto del Sahara lo ha ispirato».

Per Spinosi le opere devono rivolgersi «ai sensi piuttosto che alla sola vista, che non sempre vede ciò che ci sarebbe da scorgere. L’opera è un corpo che vive di vita propria» e, come filiazione della mente e del gesto, viene soffiata nel mondo, ed ecco quindi la punta insidiosa e primordiale di Libeccio, color rosso scuro come il sangue, che quando arriva penetra e scompagina sensi e pensieri.

Così come fu per Petrarca e Botticelli, anche l’immaginario di Graziano viene rapito dal garbato Ponente che giunge da ovest, restituendo un palpito materico, delicato, azzurrino: «Lo considero un vento femmina, ne ho ricevuto una personale suggestione, poiché è il più delicato fra tutti».

Poi c’è il dirompente Ostro, proveniente da sud. Mentre in bicromia è rappresentata la Tramontana, un vento freddo che morfologicamente ricorda i lastroni dei ghiacciai, o la puntuta e tagliente Bora.

In questo viaggio personale attraverso i soffi, le correnti che attraversano persone e luoghi, Spinosi ha avuto anche un compagno di viaggio, Fabio Fiori con il suo libro Ánemos, con cui ha trovato molte affinità, e che ha aggiunto nuances al soffio vitale.

L’allestimento non contempla solo opere recenti, ma anche il frutto della sua poetica, presentando i temi ricorrenti nella ricerca di Spinosi perseguita attraverso l’impiego dei più svariati materiali. Per l’occasione sono esposte 16 opere realizzate dall’artista negli ultimi decenni.

Nostos esprime il tema della nostalgia, nel viaggio alla ricerca della propria casa e di sé stessi, di quel centro focale che ci abita. Ecco, dunque, comparire in rattan trafilato un grande Nido di 2,5 metri: «I nidi morbidi e sinuosi rappresentano la nostalgia dell’utero materno», anche se il tema narrativo di un’opera «è un pretesto per creare una sintassi».

La scultura in ferro dal titolo Indus, dedicata alla piccola costellazione omonima, crea «un rapporto intimo con la volta celeste, dando senso di appartenenza al tutto. E riflette ciò che si manifesta nell’immanenza».

Il tragitto che l’artista compie nel corso della sua ricerca è costellato di materiali e maestri cui essere grati: «Le opere nascono per emanazione non per volontà». Così a Roma negli anni Novanta nacque la serie delle Scarpe, come quelle realizzate pensando al capitano Achab di Moby Dick in sale e ferro. O le scarpine numero 26 dedicate a un bimbo di 4 anni, l’età in cui Mozart tenne il suo primo concerto. O quelle per Martha Graham ispirate all’assolo Lamentation del 1930, in mosaico autoportante in vetro da 2 millimetri. Le opere qui presenti «sono le più icastiche, le più espressive rispetto a quel periodo e allo spazio che le avrebbe ospitate a Cattolica».

Indigo, indaco, ultima della serie Wire, «è un’opera da meditazione, suggerisce una pausa, per riportarci a un ascolto e tracciare una riga di destino. Cambia temperatura cromatica in base alla luce che lo bagna per tenere compagnia a chi lo ha vicino e causare un rapporto intimo con l’opera». La dedizione di Spinosi all’arte «è quasi fratesca, e la semplicità è il punto di arrivo».

La residenza d’artista

A metà ottobre l’artista terrà al Museo della Regina una residenza d’artista con gli ipovedenti e non vedenti in collaborazione con il Museo Omero di Ancona.

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