Letture: il racconto di Valentina Bardi
Non so dire se oggi sia meglio di ieri. La verità è che i giorni cominciano a somigliarsi tutti. Non che prima non lo fossero.
Eppure il “prima”, ora che mi sta scivolando dalle mani, mi sembra una fotografia nitida, dai colori vivaci, dai contorni mobili.
Se mi avessero chiesto dei soldi per il silenzio in cui è piombata la mia strada, avrei certamente acconsentito ad una negoziazione e, alla fine, credo che sarei stata capace di sborsare una cifra non indifferente.
Silenzio per leggere. Per pensare. Per scrivere.
E adesso che tutto questo silenzio ce l’ho gratis, faccio fatica a leggere. A pensare. A scrivere.
Mi manca soprattutto un momento della mia giornata abituale, fatto di frammenti: il tragitto che io e Martina facciamo insieme tutte le mattine per raggiungere prima l’asilo, poi da sola l’ufficio.
Quel pezzo di strada, appena chiudiamo il cancello di casa dietro di noi, diventa la nostra piccola storia e i rumori del paese che si è svegliato ci invadono.
Oltrepassiamo l’edicola e già il fragore della vita dà il ritmo alla nostra camminata.
Ci fermiamo a vedere le vetrine per scoprire se sono cambiate e intanto sentiamo tutti i rumori che provengono dai bar: avventori che entrano ed escono, il tintinnio dei piattini e dei cucchiaini sul bancone. Proseguendo oltre, diamo uno sguardo a coloro che, in solitaria, si godono l’aria pungente del mattino gustandosi le prime sacre sigarette.
E poi… poi fare le solite cose.
Salutare i passanti: volti amici che conosci da sempre, anche se di alcuni non sai il nome.
Dare il buongiorno, sorridere ai bambini che ci passano davanti perché sono in ritardo e camminano ancora con il sonno addosso, magari anche con una scarpa slacciata.
Fermarsi in fondo al borgo senza pensarci su perché tanto lo attraversi ogni mattina e mentre lo fai, lo vivi, non stai a costruirci su troppe congetture.
E finalmente varcare la soglia del fornaio.
Il profumo del pane e della piadina che arriva come una carezza, come un grande conforto e ti fa venire buon umore anche se sei spezzata dentro e non sai se oggi ce la farai ad arrivare in fondo.
Io e Martina osserviamo curiose i biscotti e i dolci appena sfornati e ci ciondoliamo un po’ prima di ripartire.
Forse perché nel pane c’è qualcosa di genitoriale e lì ti senti al sicuro.
Ma dopo un attimo riprendiamo il cammino: ecco la curva e la lieve salita che ci porta alla prima destinazione e ancora profumo di biscotti e dolci provenire dalla pasticceria.
Il gruppo delle scuole si vede bene già dal fondo della strada ed è un’immagine che diventa qualcos’altro: si trasforma in una cartolina, una diapositiva che mi dà felicità.
Una volta entrate a scuola, scegliamo l’attaccapanni, e quando non siamo troppo in ritardo, riusciamo ancora a trovarne uno rosa, il nostro colore preferito. Lasciamo il giubbotto e poi ci salutiamo: è tempo per ognuna di prendere la propria strada.
Io rifaccio il percorso al contrario e per tagliare un pezzetto di strada, mi avventuro in un piccolo sottopasso.
Di solito incontro qualche amico con il cane ma per il resto, quel brevissimo, ultimo tratto, è solo per me e per i miei pensieri: che scorrono veloci e gravidi come nuvole prima della pioggia.
Ci sono dentro tutte le cose da fare oggi e tutte le storie che sto scrivendo e che ancora non so che arriveranno.
E mentre cammino, c’è tutto un mondo dentro che mi cammina accanto.
I miei occhi vedono la strada, ma anche molto altro.
E quei passi sono i più preziosi che ho, che faccio.
Una parte di me l’ha sempre saputo, ma soltanto adesso capisco quanto mi manchino.
Probabilmente solo oggi comprendo che tutto quello che della mia vita era semplicemente normale, per alcuni probabilmente anche banale, è invece molto di più.
La mia vita normale è speciale.
E quando si potrà, la rivorrei esattamente com’era: con quel tratto di strada da fare, la musica dei piattini e delle tazzine dei bar, il sottile sentiero di fumo di una sigaretta fumata all’aperto, il profumo del pane che diventa mio padre, la salita per arrivare a scuola e l’attaccapanni rosa per Martina.
Salutare uomini e cani e sentire che mentre cammino, il mondo di dentro si sveglia.
Quasi fosse di nuovo primavera.