"Le ultime ore di Civitella" di Pietroneno Capitani
RIMINI. Un romanzo in cui la storia del nostro Paese si lega al racconto di un amore travolgente, una narrazione ricca di fascino che accompagna il lettore alla scoperta di fatti e personaggi che caratterizzarono l’ultima difesa contro un’Italia unita che non fu voluta da tutti, una grande storia in cui si fondono grandi ideali e precisione nel ricostruire eventi cruciali.
Sono queste le anime che si muovono tra le pagine di Le ultime ore di Civitella, romanzo storico di Pietroneno Capitani – giornalista (classe ’56) ascolano trapiantato da bambino a Rimini e già autore de “Bussavamo con i piedi” (Capitani ed., 2007) e “Il melograno. Storia di un amore tra le colline ascolane” (Primiceri, 2018) – che sceglie di ambientare sul confine fra il Regno dei Borboni e lo Stato Pontificio, e nella suggestiva fortezza di Civitella del Tronto – in cui si combatté fino all’ultimo una feroce battaglia per resistere ai progetti unitari – una grande storia che si sviluppa tra il 1860 e il 1861, durante il complesso periodo dell’unità nazionale.
Nel suo ultimo lavoro, l’autore accompagna il lettore alla scoperta di Giovanni Piccioni, brigante realmente esistito, vera e propria “leggenda” nell’ascolano e figura emblematica per comprendere meglio i tanti risvolti che l’Italia del Risorgimento conobbe per le genti che vivevano su un territorio fino ad allora diviso in tante realtà differenti e spesso contrapposte.
Attraverso la creazione di un protagonista frutto della fantasia – quell’enigmatico Vincenzo Leone attorno al quale ruotano gli eventi, disposto a tutto per salvare l’amata, ignara della sua inestinguibile passione – Capitani ci regala una grande storia d’amore, brigantaggio e patriottismo, inserendola nel contesto di fatti ed eventi che appartengono alla storia del nostro Paese ma che pochi ancora conoscono.
Grazie alle suggestive e accorate pagine dello scrittore, scopriamo quanto, dietro alle apparentemente selvagge scorribande dei briganti, si nascondessero in realtà un grande senso di onore e di lealtà, unitamente al tentativo di contrastare con ogni mezzo il Regno Sabaudo, deciso a dar vita a un grande Paese unitario, ma visto da molti come uno spietato invasore: in quest’ottica si inseriscono le grandi e controverse gesta del Piccioni, dei “suoi” uomini e dei tanti altri, più o meno idealisti, che si opposero all’Unità.
Un libro affascinante quello di Capitani, frutto di una certosina ricostruzione storica durata oltre tre anni alla ricerca di documenti e memorie (ricerca che l’autore proseguirà anche nei prossimi mesi), ma al tempo stesso manifestazione evidente di quanto lo scrittore – grande amico dell’indimenticabile Tonino Guerra – sia profondamente legato alle sue origini ascolane e agli eventi che caratterizzarono il passato il “suo” Marchigiano.
Una narrazione dal grande respiro, in grado di sottolineare ancora una volta quanto sia fondamentale andare “oltre” i fatti, indagarne con acume motivazioni e origini, per far sì che il senso storico possa essere ricostruito, contestualizzato e pienamente valorizzato. Perché, come sosteneva Rudyard Kipling: «Se la storia fosse stata insegnata sotto forma di racconti, non sarebbe stata mai dimenticata».